L’ultima partitura di Wolfgang Amadeus Mozart, l’opera maestra che scandì l’ultima ora del grande compositore: venerdì 10 aprile 2020 alle 21:00 si terrà il concerto della Messa di Requiem di Mozart all’interno dell’Oratorio del Caravita a Roma. La formazione estesa dell’Orchestra Sinfonica Opera e Lirica sarà diretta dal M° Nicola Samale. Il Coro Melos Ensemble, composto da quaranta elementi, sarà diretto dal M° Filippo Manci.
Direttore d’orchestra: Nicola Samale
Solisti:
Soprano Aleksandra Buczek
Contralto Elisabetta Basirico
Tenore Emil Alekperov
Basso Fabrizio Nestonni
Maestro di Coro: Filippo Manci
Coro: Melos Ensemble
Orchestra Sinfonica Opera e Lirica
PROGRAMMA
Requiem in re minore K 626 Wolfgang Amadeus Mozart
Introitus
“Requiem aeternam” (Adagio) soprano e coro
“Kyrie” (Allegro) coro
Sequentia
“Dies irae” (Allegro assai) coro
“Tuba minor” (Andante) soli
“Rex tremendae” (Grave) coro
“Recordare” (Andante) soli
“Confutatis” (Andante) coro
“Lacrimosa” (Larghetto) coro
Offertorium
“Domine Jesu” (Andante con moto) soli e coro
“Hostias” (Andante, Andante con moto) coro
Sanctus (Adagio) coro
“Osanna” (Allegro) coro
Benedictus (Andante) soli
“Osanna” (Allegro) coro
Agnus Dei coro
Communio, Lux aeterna (Allegro, Adagio) soprano e coro
La Messa di Requiem in Re minore di Mozart è legata a una vicenda singolare che segnò profondamente il carattere dell’opera. Un misterioso committente in abito nero chiese a Mozart di comporre questa messa per la sua defunta signora, senza rivelare le sue generalità. Si trattava del conte Walsegg, che desiderava appropriarsi della paternità dell’opera in cambio di un lauto compenso. La scura apparizione fu per Mozart, che già versava in condizioni di salute precarie, un presagio definitivo della morte. Il compositore si accinse con animo febbrile a lavorare alla partitura, con il sentore che l’Onnipotente l’avesse chiamato a scrivere una messa funebre per sé medesimo. Così fu. Mozart si spense nel dicembre 1791 prima di terminare il lavoro, che fu poi concluso dal suo fedele allievo Franz Xaver Süssmayr, rimasto fino all’ultimo al capezzale del maestro.
L’incompiutezza e il mistero che caratterizzano il Requiem contribuiscono al fascino di quello che è indiscutibilmente un capolavoro compositivo. Il colore scuro e il pathos dell’opera la differenziano per qualità sonora dal resto dei lavori compiuti da Mozart. Con questa messa, egli recupera la profondità e la sacralità che erano ormai estranee alla società settecentesca e porta avanti una sua propria ricerca, al fine di conciliare la spiritualità con la ragione e il progresso civile esaltati dalla corrente illuminista.
Nel carattere solenne della liturgia, l’attenzione si sposta infatti dall’umanità al singolo, con il canto del solista che più volte si contrappone all’intervento del coro. In vari momenti le linee vocali dei solisti si combinano per aumentare l’effetto dell’implorazione che rivolgono al Figlio di Dio e all’eterno riposo.
La scelta dell’uso del contrappunto, tipica della musica sacra, ben si presta per rappresentare, da un lato, l’imperscrutabile volontà divina nel Kyrie, dall’altro, le anime esultanti nell’Osanna. La qualità pittorica e descrittiva della composizione si nota nel passaggio in cui il coro implorante del Domine Jesu è colto dal terrore della dannazione, così come nelle voci che a più riprese riproducono la caduta negli inferi. La linea melodica degli archi è giostrata in modo da riprodurre le fiamme dell’inferno nel Confutatis, con una cadenza ripetuta e ossessiva, alla quale si aggiunge l’opposizione tra dannati e redenti (coro maschile e coro femminile). Nell’Agnus Dei, la scala discendente eseguita dagli stessi archi evoca abbattimento e un’atmosfera opaca e spettrale. Durante l’apparizione del giudice supremo nel Rex Tremendae, la solennità è evocata tramite la sonorità arcaica del ritmo puntato degli archi che si alternano al coro. La musicalità si distende poi nelle pause di preghiera in cui prevale la speranza della salvezza, come nel Recordare e nel Lacrimosa.
Le sezioni in cui l’opera si divide, programmaticamente contrapposte per strumenti e per contenuto, creano una nuova soluzione per lo stile sacro e mantengono l’unità dell’opera, che rimane uno degli esempi più alti della musica sacra del Settecento.