La mostra “New Vision from Old Master – Il Neomanierismo Africano” riunisce, per la prima volta in un’unica narrazione, alcune tra le voci più originali e incisive dell’arte africana contemporanea: Chéri Samba, Aboudia, John Madu, Cristiano Mangovo, Islimael Armarh, Olamilekan Abatan, Amani Bodo, Mfundo Mthiyane, Joseph Chiemerie, e Henry James, Liby Lougue, e Roberto Pare.
Artisti provenienti da Paesi diversi, da storie differenti, da linguaggi eterogenei che tuttavia condividono una stessa postura: guardare ai “grandi maestri” non come modelli da imitare, ma come interlocutori da attraversare, trasformare, contraddire.
Le loro opere – ironiche, liriche, tecnicamente raffinate o volutamente scomposte – offrono una visione del tutto nuova: un neomanierismo africano che riscrive i codici della citazione, della memoria e della forma. Questa costellazione di lavori sarà esposta alla Black Liquid Art Gallery a partire dal 13 dicembre 2025, come un invito a entrare in un laboratorio visivo in cui passato e presente non si succedono, ma si guardano, si interrogano e si reinventano reciprocamente. Viviamo in un’epoca in cui tutte le immagini sono visibili ovunque, in cui le geografie dello sguardo non coincidono più con le geografie della terra. Il continente africano – per secoli osservato, violato, definito da altri – oggi osserva, assorbe, rielabora: non da periferia, ma da centro pulsante del mondo globale. In questa condizione nuova, la contaminazione visiva non è più una prevaricazione dell’Occidente né una resa culturale dell’artista africano. È un terreno di libertà. Le antiche discussioni sulla presunta distinzione tra chi crea “in Africa” e chi crea “nella diaspora” si sono fatte flebili, come un’eco di un’altra epoca. Oggi quella separazione è anacronistica, priva di sostanza, poiché gli spazi della creazione sono ormai ovunque e la visione stessa è diventata un continente senza confini. Il neomanierismo africano nasce esattamente in questo crocevia: là dove la memoria non è imitazione, lo sguardo non è dipendenza, la tradizione non è confine ma materiale incandescente. Le immagini, i miti e gli stili – ieri rigidamente assegnati a una storia lineare – diventano ora un campo aperto, dove maestri antichi e moderni convivono, si guardano, si sfidano.
L’opera “ Mancan gli eredi” di Amani Bodo che è il manifesto di questa mostra lo dichiara senza esitazione. Una figura che richiama Leonardo il maestro rinascimentale, un archetipo della sapienza europea; accanto a Picasso un creatore moderno, seduto in quell’atteggiamento volutamente ambiguo tra genio e caricatura; sul cavalletto, una citazione che è già una metamorfosi; dall’erba, il volto di Amani Bodo che emerge – non come spettatore, ma come coscienza vigile, come commento incarnato alla storia dell’arte stessa.
Il pittore africano non “viene dopo”: entra nella scena, la apre, la attraversa. Il dipinto contiene altre presenze che svelano il gioco: un’allusione a Maurizio Cattelan, un artista contemporaneo noto per sovvertire il sistema dell’arte con ironia, e un piccolo cane-balloons che rimanda a Jeff Koons e alle sue estetiche del consumo e dell’infanzia sofisticata della scultura pop globale.
Tutto è citazione, tutto è relazione, tutto è appropriazione consapevole. E riecheggia qui quel pensiero spesso attribuito – correttamente o meno – a Picasso: “I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano.” Non come giustificazione, ma come dichiarazione di un principio antico: il genio non si limita a replicare, ma prende ciò che esiste e lo trasforma in qualcosa che non esisteva prima. Così agiscono oggi gli artisti africani: non copiano l’Occidente, non gli si sottomettono, lo interrogano, lo smontano, lo piegano, e, soprattutto, lo riscrivono.
Questo è il loro manierismo: non ripetizione, ma deviazione; non imitazione, ma sviluppo; non ereditarietà, ma eredità reinventata. Ecco perché il titolo “New Vision from Old Master” non è semplice citazione, ma dichiarazione politica e poetica: il vecchio maestro non è più autorità, ma interlocutore. In questo dialogo – aperto, inquieto, fertile – mancano gli eredi nel senso tradizionale, ma nascono finalmente i protagonisti di una nuova genealogia visiva: libera, molteplice, indisciplinata, capace di tenere insieme epoche e mondi per generare, ancora una volta, una bellezza che sorprende.









