Vi siete mai chiesti come un romani trascorreva la giornata nell’Antica Roma? Quale erano le sue abitudini?
La casa romana si animava molto presto, la mattina gli schiavi si alzavano alle prime luci dell’alba, i primi compiti erano destinati alla pulizia domestica.
Nelle case del tardo impero, gli schiavi sfregavano i pavimenti, fatte per lo più di piastrelle quadrate di cotto, con scope, acqua, e segatura. Stessa modalità per i pavimenti di marmo ma il passaggio successivo era la stesura di cera d’api tramite stracci di tela.
Sui mosaici invece, si utilizzava la pietra pomice.
Igiene personale nell’Antica Roma
I padroni, solitamente anch’essi mattinieri, si apprestavano alla loro igiene personale grazie ai loro servitori che ottemperavano al servizio dell’abluzione mattutina; portavano loro un bacile e un catino di bronzo, contenente acqua, panni di lino con cui asciugarsi e spazzolino e dentifricio per la cura dei denti.
Nell’Antica Roma era usanza prestare molta cura dell’igiene e il loro spazzolino era uno stecchetto di legno rivestito in parte di lino su cui veniva spalmata una mistura abrasiva fatta di ostriche polverizzate, pomice o frequentemente una pasta lievemente sbiancante di bicarbonato di sodio che fungeva anche da disinfettante.
Tuttavia c’era anche chi preferiva lavarsi i denti con l’urina, secondo un’usanza importata dalle popolazioni della Spagna e dell’Africa Settentrionale, essa veniva strofinata sui denti e impiegata per veri e propri gargarismi.
Ma l’abluzione del mattino era comunque sommaria perché quella più seria era pomeridiana, in ogni caso susseguiva l’opera delle acconciature per le donne e barba e capelli per gli uomini.
Nel bagno abbondavano profumi e unguenti in piccoli recipienti di bronzo, pasta vitrea o ceramica aretina. I Romani non conoscevano i saponi, la loro igiene, sia nella loro dimora che nei bagni pubblici, prevedeva lo sfregamento con cenere di faggio, pietra pomice una particolare creta trita e liscivia.
Ovviamente la pelle dopo questo antico “scrub” andava ammorbidita, idratata, lenita con oli e balsami che avevano l’intento di ungere e profumare.
Qualcosa di simile al nostro sapone era il lomentum, un preparato di farina di fave, esso curava la pelle e se ne faceva uso sia come maschera per il viso, sia per coprire le smagliature del ventre in seguito al parto oppure per sopprimere i cattivi odori.
Capelli e barba
Quotidianamente gli uomini si radevano, si usava acqua e rasoio, quest’ultimo fatto di ferro temprato o bronzo e continuamente affilato, i peli superflui residui venivano tolti da uno schiavo provvisto di pinzette.
Durante l’impero si ebbe maggior cura dei capelli, era comune l’uso di cosmetici per renderli morbidi e brillanti. Il taglio di capelli, barba e baffi era pratica frequente, non veniva tollerata la trascuratezza, vista come una mancanza d’igiene e perfino in guerra i soldati si rasavano ogni giorno.
All’inizio del II secolo d.C., i romani non prestavano particolare cura al taglio dei capelli, che era fatto con il forfex, una forbice di ferro (due lame con un perno nel mezzo e due anelli alla base per la presa).
Ovviamente questa mansione era per i ricchi appannaggio di schiavi abilitati a questa pratica, chiamati tonsores, i meno abbienti invece si recavano presso le botteghe di tonsor, che erano frequentatissime, paragonabili a dei salotti.
Grande importanza per un giovane era il primo taglio della barba, al punto che ne era prevista una cerimonia detta “depositio barbae” (deposizione della barba) e contraddistingueva il passaggio dalla adolescenza alla maturità.
Per gli uomini non era disdicevole tingersi i capelli se questi imbiancavano, e c’erano dei stratagemmi per nascondere la calvizie, se iniziale si tingeva la cute della testa con il nerofumo oppure si utilizzavano dei parrucchini per i casi più difficili.
Ornamenti per le donne
Per le donne c’erano le ornatrices “ornatrici” che si prendevano cura delle matrone arricciando i capelli con il pettine o il calamistrum, un cilindro di ferro scaldato sotto la cenere ardente, intorno a cui il tonsor attorcigliava i capelli creando boccoli ornamentali.
Seguiva la colorazione e la profumazione, poi la depilazione e infine il trucco. Non di rado la chioma della matrona veniva avvolta da una delicata rete d’argento o d’oro.
Durante la notte non si dormiva nudi, le coppie, se ricche, in stanze separate, in letti singoli intarsiati e decorati con smalti dai colori vivaci.
Alla fine della pulizia e dell’acconciatura c’era la vestizione della tunica, una veste asimmetrica, nella parte posteriore leggermente sopra il ginocchio, e sul davanti più lunga. Poteva essere di diverse stoffe come lino, lana, cotone, damasco, seta o velo e dai molteplici toni, da quelli pastello a quelli più forti, ma frequentemente primeggiava il rosso acceso.
Abiti ed ornamenti nell’Antica Roma
La tunica era differente anche per ceto e mansione, quella dei militari era più corta di quella civile. Quella dei cittadini era poi più corta di quella dei senatori, che era bordata di una striscia di porpora. L’uomo di alto lignaggio indossava la toga sopra la tunica.
La matrona romana dava priorità alla vestizione dei gioielli, dal diadema sui capelli, agli orecchini, collane, ciondoli e anelli, quelli per le dita, per le braccia e per le caviglie. Poi indossava la tunica, che per le donne si allungò fino ai talloni, poi la stola, in fondo a cui era cucito un gallone ricamato in oro, e la cintura.
Si concludeva la vestizione con lo scialle che copriva le spalle e scendeva fino ai piedi.
D’indiscussa importanza come gioiello, era l’anello, ornato con una pasta vitrea o da una pietra preziosa con inciso un motivo che rappresentava un simbolo, una divinità o animali. Per le collane si spaziava da quelle in perline di vetro o ceramica invetriata le faience, di colore verde-azzurro a cui venivano attribuiti poteri magici, a quelle in oro,argento o di ambra, quest’ultima era considerato un amuleto protettivo per donne e bambini.
L’ambra, resina fossile, era importata dal mar Baltico e se ne trova nelle più ricche tombe femminili e infantili.
La colazione
Al mattino i Romani prima di uscire consumavano una frugale colazione, spesso con gli avanzi della sera, iniziavano con un bicchiere d’acqua, poi pane e formaggio, olive e miele, oppure il pane intinto nel vino dolce, o pane olio aceto e sale.
La colazione a pane e fichi era molto diffusa, mentre per i bambini latte e pane o focaccine.
Mentre si andava al lavoro si poteva mangiare qualcosa per strada, c’era solo l’imbarazzo della scelta tra le numerose bancarelle che affollavano il foro, che offrivano pasti e spuntini caldi e freddi.
Mentre gli uomini si recavano al lavoro, le donne dirigevano i lavori di casa oppure uscivano per le visite ad amici e parenti. Il lavoro femminile era destinato al ceto basso ed era comunque esiguo, le donne erano presenti come artigiane, levatrici o nei negozi.
Ma entrambi i sessi avevano un attività in comune, fare compere, nelle botteghe c’era tutto quello che poteva servire all’epoca ed anche il superfluo.
Le botteghe nell’Antica Roma
Le botteghe vendevano mobili, scrigni, vasi decorati di terracotta, di bronzo, in bucchero o ceramica aretina, oltre a calici, tazze, ciotole, e tutto il necessario per il trucco: dagli specchi in bronzo, rame o argento, alle ciste in bronzo, alle spatole, ai profumi, ai vasetti in pasta vitrea per riporre gli unguenti, alle ciotoline minuscole dove raccogliere il trucco voluto, ai ventagli.Oltre ai manufatti locali si potevano acquistare quelli importati. Si poteva commissionare un lavoro agli scultori o pittori, oppure acquistare stoffe per farsi confezionare vestiti dai propri schiavi, ma anche servirsi dei sarti locali.
Le gioiellerie erano forniti di monili in rame, bronzo, oro, argento pasta vitrea e pietre preziose, curiosamente non discriminavano di unire nella stessa collana pietre preziose e pasta vitrea, questo perché se avessero avuto difficoltà a reperire una gemma di dimensione dovuta, ne costruivano una in pasta vitrea, infatti sono stati ritrovati gioielli come collane o bracciali dove vi erano entrambe le tipologie. Le botteghe di cuoio offrivano alla vendita cinture, borse, sandali decorati ed altro.
Esistevano già le farmacie con il medico in loco per qualsiasi bisogno.
I Fori
Grande interesse era ascoltare al Foro qualche processo con abili e famosi oratori oppure passeggiare sotto ai portici, ammirare i templi sontuosi , fra una moltitudine di statue.
Le statue erano il connubio tra la scultura e la pittura, ed erano apprezzate per quanto imitassero più possibile il reale.
Erano quindi colorate con tinte armoniose e sfumate che mettevano in risalto la bellezza dell’opera.
Nei fori c’era il mercato, il tribunale, le assemblee dove si discuteva di politica o di costumi, dove si poteva mangiare qualcosa sulle bancarelle. Le donne aristocratiche non facevano la spesa che era compito dei loro schiavi.
Per pranzo ci si poteva fermare nelle taberne dove si serviva vino e cibo oppure tornare a casa per un pasto rapido.
Le Terme per i Romani
Altro luogo frequentatissimo ed amato erano le Terme.
Agrippa edificò le sue nel 25 a.C. dopo Agrippa gli imperatori romani fecero a gara per superare i predecessori con Terme sempre più grandiose, alcune delle quali arrivavano a contenere anche 6000 persone.
Roma si abbellì delle Terme di Agrippa, delle Terme Neroniane o Alessandrine, le Terme di Tito, le Terme di Traiano, le Terme Surane, le Terme Eleniane, le Terme Commodiane, le Terme di Caracalla, le Terme Deciane, le Terme Aureliane, le Terme di Diocleziano e le Terme di Costantino.
Le terme davano grande prestigio e benevolenza all’imperatore di turno, per cui le tariffe di ingresso erano molto basse, all’inizio un quarto di asse, e gli adolescenti non pagavano, poi da Agrippa in poi divennero gratuite.
Si racconta infatti che Adriano vide un suo ex veterano che si strofinava la schiena contro la parete della piscina. Interrogato, il veterano confessò che non poter pagare uno schiavo per essere massaggiato, al che Adriano gli offrì una cospicua somma di denaro per questa necessità.
Questo dimostra che un imperatore usufruiva delle terme come chiunque altro, senza distinzione di classe sociale.
Alle terme ci si recava nel primo pomeriggio, ed oltre alle attività sportive (che anticipavano i bagni termali ) e alle piscine in esse si trovavano danzatori, mimi, suonatori, venditori di amuleti o fiori, barbieri, punti di ristoro, ci si giocava a dadi, o astragali, si scommetteva sui gladiatori o ai cavalli. Si poteva intrattenersi con prostitute, ricevere previsioni da indovini e stringere affari commerciali o matrimoniali.
Lo sport nell’Antica Roma
La palestra, il primo luogo dove i romani si recavano per favorire con la ginnastica e il movimento la benefica sudorazione prima del bagno. Questo luogo era solitamente circondato da portici, aveva stanze adibite a bagni, spogliatoi, esedre con sedili. In seguito divenne anche sede di conversazioni e di scuola.
Per donne e uomini, l’attività fisica più comune era con la palla, in locali appositi chiamati sphaeristeria.
Riscaldati dall’attività fisica ci si recava poi ai bagni iniziando dal tepidarium; questa era una grande piscina coperta con acqua tiepida dove ci si ungeva con oli e si restava almeno un’ora .
Successivamente ci si spostava nel calidarium. Erano stanze più piccole, poste sui lati della sala da bagno principale, queste piscine coperte avevano l’acqua calda.
Dopo ci si recava nel laconicum, che era riscaldata con aria secca ad altissima temperatura, una specie di sauna.
Infine ci si recava al frigidarium, una piscina con acqua fredda per stimolare e tonificare il corpo.
Nel Frigidarium c’erano i massaggiatori che oltre al massaggio vendevano i balsami per cospargere il corpo lavato con oli profumati; toglievano l’olio precedente con gli strigili, strumenti di metallo ricurvi usati anche dai gladiatori, poi passavano sul corpo asciugamani bagnati, nuovi balsami e oli.
I bambini che intanto erano a scuola o con i loro insegnanti privati avrebbero atteso l’adolescenza per poter usufruire delle terme, che erano aperte dal mezzodì al tramonto.
Ulteriori svaghi
Un ulteriore svago per i Romani, oltre i giochi circensi, era passeggiare nei giardini imperiali. Gli imperatori permettevano benevolmente al popolo di usufruire di questi spazi verdi che erano forniti di portici, fontane, statue, archi. Chi passeggiava poteva godere dell’ombra, sostando nei ninfei, della bellezza delle architetture e delle statue, della varietà di piante autoctone ed esotiche .
Alla sera si rientrava a casa, per cenare assieme alla propria famiglia o anche con altri invitati. In tal caso la serata poteva proseguire fino a tarda notte.
Al banchetto partecipavano anche le donne, sedute in epoca repubblicana e sdraiate sui triclini in età imperiale, come del resto facevano le loro antenate etrusche.
Al seguito degli ospiti c’erano gli schiavi personali i quali sedevano su sgabelli o cuscini a terra, al termine della serata dovevano riaccompagnare i padroni alla loro abitazione. Per il rientro erano muniti di fiaccole e guidavano le carrozze, cosa tra l’altro vietata di giorno ma permessa di notte.
Infine ci si recava in camera da letto per indossare la tunica notturna e dopo aver rivolto un pensiero a Morfeo, il Dio del buon sonno, arrivava il sonno.