Francesco Tonarini – Il libero disegno dell’anima.
Di Giorgio Barassi.
“Disegnare è come fare un gesto espressivo…
con il vantaggio della permanenza.”
(Henri Matisse)
Volti, espressioni, anime.
Francesco Tonarini ha la rara dote del lavoro fatto di istinto e tecnica e direzionato verso ciò che pareva sparito dall’orizzonte di certa pittura, mentre in questo strano mondo incombono continuamente soluzioni definite “creative” o, con termini più retrodatati “alternative”. Il vero trasgressivo, mentre altri si arrovellano e finiscono per somigliarsi, è lui, Francesco Tonarini da Livorno, classe 1974. Perché rinforza la sapienza del costruire volti e corpi pungendo con la cura dell’espressione, toccando tasti che non sanno solo di bravura, ma di una potente lirica che affascina con le note della costruzione moderna della figura, senza indulgenze eccessive verso accademismi che sanno di stucchevole. Le sue donne hanno l’aspetto dei sentimenti, della anima buona, delle rabbie covate e delle malinconie di facce di una volta, ma la struttura delle sue opere, prevalentemente su carta, fa capire un uso veloce ed imprevedibile di matite, chine, colori garbati e quasi impercettibili ed altre diavolerie che seguono tracce indicate dall’istinto del rivoluzionario, moderandosi e stemperandosi nel tocco del sapiente descrittore.
È consolatorio vedere i suoi lavori. Pensi subito che, grazie agli Dei delle Arti, qualcuno continua ad indagare i volti dando loro un tono ed un’anima. Non è una visione nostalgica, né un rinnegare o una restaurazione di antichi canoni. È che Tonarini percorre le carte, e nondimeno le tele, come se analizzasse rapidamente quel che quei volti hanno in fondo al cuore, rendendoci immagini che sanno di sano Romanticismo, quello con la lettera maiuscola, quello dello Sturm und Drang. Istintivo, virtuoso e chiaro conoscitore di ciò che arricchisca un disegno dandogli ciò che oggi serve: una decisa identità, che qualifichi e che vada dritto a colpire occhi attenti, magari somiglianti a quelli che lui realizza dando una vita autonoma ad un particolare. Strano, se si pensa che un suo illustre concittadino, che non fatichiamo a definire il più illustre e cioè Amedeo Modigliani, non dipingeva in maniera definita gli occhi se “…non ho ancora conosciuto la tua anima…”.