La mostra è visitabile negli orari e nei giorni d’apertura del museo S. Francesca Romana.
[Dal testo di presentazione a cura di Patrizia Genovesi]
[…] Le fotografe entrano in una casa di riposo dove incontrano ospiti anziani. Alcuni di loro hanno perso la capacità di proiettarsi nel futuro. La mente, che ha la potenza di prefigurare il possibile ed escogitare il modo per realizzarlo, nell’anziano non sempre riesce ad assolvere pienamente a questa funzione. E’ naturale, quando davanti hai una strada e non ti funzionano le gambe temi di non poterla percorrere e dunque ti siedi.
Eppure qui gli ospiti hanno trovato un approdo, nuovi amici che li riconoscono, una panchina che abitano insieme ai loro ricordi. Svelano un sorriso, un atteggiamento scontroso, un fare bizzarro, il loro mondo reale si mischia ad un mondo immaginario nel quale le fotografe entrano in punta di piedi: non definiscono, non giudicano, ascoltano, raccontano, sono disponibili, silenziose, sensibili, vitali.
In un luogo abitato dall’arte e dalla storia, vecchi e giovani, ospiti e volontari si accompagnano vicendevolmente in un pezzo di strada il cui senso si compone percorrendola. Così è la vita. Fuggiamo tutti da un lontano big bang alla stessa velocità, recuperando la memoria di quando, un tempo, eravamo lo stesso impulso vitale, uniti in un istante denso e senza tempo. Ci moltiplichiamo, ci espandiamo, il vecchio si sintetizza nel giovane, uomo, animale, pianta.
Dove resta una fotografia permarrà un ricordo, e ancora prima lo specchio di chi si guarda in queste immagini per contare i segni del tempo e riscopre la sua vanità, la sua ritrosia, entrambe segno di un volerci ancora essere e significare, e difendere la propria identità che oggi sai di possedere anche se nessuno ti riflette più.
Le fotografe sono entrate nella vita delle persone ritratte lievemente, con delicatezza e rispetto. Loro sanno di essere, insieme agli ospiti, l’istante vivo dell’universo.