Il monumentale Presepe napoletano realizzato con i pastori settecenteschi e ottocenteschi raccolti agli inizi del ‘900 da Lamberto Loria.
Quest’anno, in collaborazione con l’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia, inaugureremo sabato 22 dicembre alle 17:30 un presepe che avrà forme e dimensioni assolutamente nuove e uniche: alla tradizionale scenografia di proprietà del museo si sono infatti aggiunti nuovi e originali pezzi ed è stata creata un’esposizione di contorno con figure presepiali in terracotta provenienti da manifatture campane e siciliane della fine del XIX sec., mai esposte fino a oggi. Il presepe invaderà la Sala delle Colonne del Palazzo delle tradizioni popolari dell’EUR, in un suggestivo contrasto tra le architetture razionaliste e il romantico rovinismo pittorico degli scenari ispirati alle atmosfere della scuola di Posillipo.
Il riferimento “reale” per questo Presepe è stato voluto per creare un nesso ideale ma anche storico con Carlo III di Borbone (1716-1788), il Re di Napoli e di Sicilia che, in pieno Settecento napoletano, grazie alla sua personale passione per l’allestimento del Presepe, diede un forte impulso permettendone un’ampia diffusione e promosse un grande rinnovamento formale di questa secolare tradizione. Ma, nei fatti, l’origine di questo Presepe conservato presso il Museo è legata indissolubilmente, più che ai Borbone, alla storia dell’Unità del nostro Paese. Nel 1911 infatti, in occasione della Mostra di Etnografia Italiana tenutasi a Roma proprio per il Cinquantenario dell’Unità d’Italia e a testimonianza della “unità” delle nostre culture regionali nella loro profonda diversità in un unico Paese, l’etnologo Lamberto Loria, curatore dell’esposizione e fondatore della collezione del Museo, fece allestire una sezione dedicata a due grandi presepi napoletani realizzati con circa mille personaggi, confluiti poi nelle collezioni dell’allora Museo “Nazionale” delle arti e tradizioni popolari, di recente intitolato proprio all’etnologo fiorentino. Nonostante gli oggetti siano stati acquisiti in diversi luoghi e presso differenti antiquari (a Napoli come a Firenze o Roma) la raccolta degli oltre mille pastori del Museo delle Civiltà mostra una sostanziale omogeneità nell’altissima qualità dell’artigianato napoletano rappresentato.
L’allestimento e “lo scoglio”, così chiamato dai napoletani il complesso delle strutture architettoniche e paesaggistiche del Presepe come attualmente allestito in Museo, sono opera del “Maestro preseparo” Nicola Maciariello e di Nicolò Giacalone, cui si deve tutto il grandioso impianto scenografico nel quale sfileranno principi, mercanti, aristocratici e guerrieri, fortemente caratterizzati, con abiti e stoffe pregiate di mirabile fattura. Molte anche le figure destinate alla rappresentazione della vita quotidiana e delle molteplici attività che contraddistinguevano le strade di Napoli tra ‘700 e ‘800; a questa si affianca la raffigurazione di una umanità varia e multiforme, un microcosmo di cui fanno parte i nobili e i ricchi signori, così come i poveri e i mendicanti in una spettacolare e continua scoperta di scorci e rovine pagane, oggetti e dettagli di ogni fatta, animali e piante di ogni genere in cui immaginazione e realtà si confondono nel “Mistero” incantato della notte della natività.
Con oltre 200 figure la “scena” occupa ben oltre i “consueti” 50 mq, componendo in modo sicuramente originale la Sala delle Colonne, con centinaia di elementi di corredo disposti tra le scale, le vie, le piazze e i mercati, con i particolari minimi della vita di popolo, gli interni di case da spiare da un pertugio e gli spazi antichi delle botteghe e dei lavori che vi si svolgono.
Un mondo, quello rappresentato dal Presepe della tradizione napoletana, che appare per un istante fantasticamente pacificato nel sogno di uno dei pastori, il Benino, al quale simbolicamente si deve tutta questa raffigurazione “onirica”. È lui, il pastore dormiente, che sogna infatti la notte della rivelazione che conduce davanti alla grotta della Natività sognando anche se stesso in un mondo per incanto e meraviglia riconciliato tra miserabili e ricchi, tra oriente e occidente, in un’inattesa aderenza alla nostra attualità.