Piero Riccardi presenterà a Roma, insieme a Sandro Sangiorgi, il suo ultimo libro durante la terza edizione di “Vinàmico“, il festival indipendente dedicato ai vini naturali e ai prodotti artigianali.
La presentazione si terrà Sabato 2 Dicembre, alle ore 14:30 presso il Brancaleone, in via Levanna n. 11 a Roma.
Iacobelli Editore è lieto di presentare “L’enigma Cesanese”, il nuovo libro di Piero Riccardi, giornalista d’inchiesta e viticoltore a Olevano Romano di Cesanese.
Insieme all’autore sarà presente all’evento anche Sandro Sangiorgi, autore e giornalista fondatore di Porthos, che ha deciso di firmare la postfazione al libro. Riccardi, noto per il suo passato televisivo nella trasmissione “Report”, ci svelerà alcuni segreti a lungo celati riguardo al Cesanese, vitigno dalle caratteristiche uniche e misteriose coltivato alle porte di Roma.
Costruito come un’inchiesta indiziaria, “L’enigma Cesanese” è la storia di un vitigno italiano che “una certa agiografia scientifica e popolare vuole che fosse conosciuto dai Romani e apprezzato da Imperatori e Papi”, ha dichiarato Riccardi.
“Il vino e la vite, migratori per eccellenza, con il loro rimando simbolico legato all’avventura umana nata attorno a quel crogiolo di rimescolamenti che risponde al nome di Mare Mediterraneo, hanno una grande capacità di insegnarci ben oltre al ristretto mondo agricolo”, ha continuato l’autore.
“L’enigma Cesanese” non è solo una storia di viticoltura, ma un’indagine multidisciplinare che solleva importanti domande sulla costruzione delle norme e dei simboli nel mondo vinicolo. Attraverso la narrazione, Riccardi invita il lettore a “reinterpretare i concetti fortezza dietro i quali pensiamo di barricarci, come quelli di autoctonia e di identità, per arrivare a coinvolgere, in una ricerca multidisciplinare, la responsabilità di un certo modo di concepire la funzione scientifica nella costruzione di ciò che diventa norma e simbolo”.
E sul senso del libro, Riccardi ha poi aggiunto, “Non ha nessuna importanza che il nostro Cesarese/Cesanese lo abbia bevuto un imperatore romano. Non per questo diventerà meno importante o meno nostro. Non sarà neppure meno buono se dicessimo una volta per tutte che le Alveole di Plinio col nostro Cesarese/Cesanese non c’entrano proprio nulla. E a noi che c’entrino o no importa davvero nulla”, ha sottolineato.
“In questa storia di vino, dobbiamo tutto a un piccolo e testardo monachello basiliano che, in cerca di una nuova terra dove pregare il suo Dio, si portò dietro un piccolo tralcio di vite della sua terra di Cappadocia”.