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Itinerari fuori Lazio

Apre la 41° esima edizione del Festival di Mezza Estate di Tagliacozzo

Last updated: 02/08/2025
By Lazio Eventi
Published: 2 Agosto 2025
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13 Min Read
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Dello spirituale in San Francesco e Mozart: il gioco, il Cantico, il Requiem

Venerdì 1 agosto alle ore 21,30, taglio del nastro con il concerto inaugurale della XLI edizione del Festival Internazionale di Mezza Estate, manifestazione che nel tempo è divenuta icona di cultura, mutazione, visione, espressione, affermazione.

Tutto pronto nello splendido borgo di Tagliacozzo, per accogliere il pubblico che dal I sino al 22 agosto vorrà partecipare e condividere gli appuntamenti di questo cartellone composito e iridescente, capace di spaziare dalla musica, al balletto, sino al teatro, firmato dal Direttore Artistico, Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, unitamente al Direttore generale Luca Ciccimarra. Un festival riconosciuto da un ampio cartello di istituzioni, quali il Ministero della cultura, la Regione Abruzzo, il Comune di Tagliacozzo, guidato dal suo Sindaco Vincenzo Giovagnorio che vuol così accogliere il pubblico ospite, nonché la Banca del Fucino che ha creduto nel Festival dal primo momento.

Sul podio dell’ Orchestra dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese e dell’International l’International Opera Choir preparato da Giovanni Mirabile, a cui si aggiungeranno i solisti Giada Borrelli, Ester Esposito, Francesco Lucii e Manuel Pollinger ci sarà Amos Talmon, da Tel Aviv, segno che la musica crea ponti e cancella i confini. ”.

Il programma principierà con il Cantico delle Creature, di San Francesco, che compie ben ottocento anni, musicato da Domenico Maria Stella, per proseguire  con la Messa da Requiem in Re Minore K626, ultima opera incompiuta di Wolfgang Amadeus Mozart. Massimo Mila, trattando del segno mozartiano, scorge, come suo fondamento, la serenità e la gioia, “ma una segreta malinconia vi s’insinua in sempre più larga misura, un assillo sempre più imperioso d’alti pensieri di morte, e ne nasce quel divino riso tra le lacrime, quell’ambiguità di gaiezza smorzata in un sospiro, che è il contrassegno della melodia mozartiana”.

E, stroncando l’opinione degli stolti che parlano di “Mozart apollineo, in certo modo al di fuori dell’umanità o, peggio, tutto frivole eleganze settecentesche”, afferma che il musicista ha lasciato dietro di sé “una parola di aureo equilibrio, di raffaellesca euritmia nella completezza armoniosa di tutte le facoltà umane”. Karl Barth riconosceva a Mozart il dono di dispiegarsi musicalmente con levità e con serietà, con grazia di fanciullo e inquietudine di uomo, il dono d’aver pronunciato una parola ultima sulla vita giocando, rivelando “il gioco sullo sfondo del lavoro e il piacere sullo sfondo della vita”.

L’uomo che gioca è un uomo serenamente serio, come sono sereni e seri i bambini quando giocano, felici di star compiendo il loro dovere. La sua serenità, la Heiterkeit mozartiana, non gli impedisce di essere un uomo tragico, che ride e piange, che sorride tra le lacrime “perché ha penetrato le maschere tragicomiche del gioco della vita e misurato gli opprimenti limiti dell’esistenza terrena”. L’uomo che gioca realizza l’ideale greco del sapiente serio e sereno, contrapposto al rigore stoico che proibiva la letizia al sapiente.

Se poi è cristiano, la malinconia non scaccia la serenità e neppure precipita questa nella disperazione che si annida nell’osservazione e nella partecipazione alle cose della terra, perché la labilità delle vicende e delle opere umane sono viste attraverso le lenti della speranza che orienta a Dio, conferendo più profonda verità alla serietà e alla serenità del gioco. Sono elementi che la musica mozartiana ridesta e mantiene nell’anima. Forse, per comprenderlo, occorre una certa “innocenza” dell’anima, per la quale essa si legherà a quella di San Francesco il  quale si professò giullare di Dio.

Ascolteremo in sequenza, il Cantico delle Creature, per festeggiarne gli Ottocento anni in un luogo particolare, il chiostro del secondo monastero francescano dopo Assisi, per di più associato al Requiem che contiene la sequenza del Dies Irae, il cui autore, Tommaso da Celano, coevo, compagno e primo biografo del Poverello d’Assisi, riposa nella Chiesa attigua al Chiostro dove verrà eseguito.

E’ noto che il Cantico delle Creature, pagina inaugurale del programma, sia pure un inno destinato al canto. Il codice  n. 338, sebbene non conservi la melodia, ne mantiene comunque lo spazio. Considerata la segmentazione del Cantico in tre parti, quelle vengono trattate come strofe, come varianti più o meno della stessa melodia. Infatti, le prescrizioni per il Cantico erano di “cantarlo”. Nam volebat et dicebat,quod prius aliquis illorum predicaret populo, qui sciret predicare, et post predicationem “Deus Meus et omnia!” cantarent laudes Domini tamquam ioculatores Domini.” Stasera ascolteremo il Cantico musicato da Piero Domenico Stella, proprio cento anni fa, un doppio anniversario, quindi, secondo i dettami delle ragioni estetiche e musicali di Lorenzo Perosi, guardando ad un’austera semplicità e al fervido lirismo del linguaggio, risposta e assenso al Motu Proprio di Pio X, nella sua declinazione del “giardino” d’Italia debitrice di un luminoso passato del canto gregoriano e della scuola romana.

Una pagina, quella del Cantico di San Francesco dall’approccio semplice e istintivo, rispettoso del ritmo insito della prima poesia in volgare che si conosca, quale suggestivo affresco di spontanea e immediata invenzione, di mistica sonorità, che volge verso uno stile dalla spiccata espressività, invero autentico e personale. Sin dalla morte di Mozart, il Requiem, che concluderà la serata, è stato circondato da un’aura di mistero, di tragedia, di complotto, destino che lo ha proiettato subito e per sempre nella dimensione del mito.

Pur rispettando tutte le esigenze liturgiche, esso trascende ogni limitazione dogmatica per esprimersi quale personale atto di fede alla soglia della morte. Mozart attua qui la fiducia nel credo massonico, comunicandoci la fiducia della redenzione, attraverso l’amore inestinguibile per un mondo migliore. L’esegesi puritana di sfrondare i sedimenti estranei e riportare in vita soltanto il verbo mozartiano, si rivela presto trovata di stampo sofistico, sensibile alla suggestione evocativa, dal momento che già dal Kyrie, l’originale nudo e crudo è incompiuto e ineseguibile. Il Requiem, trattato sulla morte, concepito in articulo mortis dal più psicologico e sensibile dei compositori, ci giunge oggi come un blocco unitario e indivisibile, arcaico e insieme, fuori dal tempo.

Arcaico nella gran copia di contrappunto, nei raddoppi dell’orchestra alla maniera antica, assenza di vere e proprie arie, forse per eliminare ogni sorta di commentario flemmatico alla crudezza del Giorno dell’ Ira. Mozart guarda indietro, certo, ad Haendel, a Johann Michael Haydn, ma guarda avanti, dentro di sé e dentro la propria morte. E’ asciutto, tagliente, sintetico, primitivo, come un frammento di Saffo e ci si accorge che lo stesso Requiem, di fatto, non è che un frammento. Il brano iniziale introduce, nella sua profonda drammaticità, un clima di cupezza e introspezione, alimentato dall’uso della tonalità d’impianto di re minore, che nel lessico mozartiano reca sempre con sé un orizzonte ombroso.

Teatrale è l’attacco, ora in tempo Allegro, e a piena orchestra, della monumentale fuga che dà corpo al successivo Kyrie, che ha la particolarità “antiaccademica” di far precedere la risposta dei soprani al soggetto esposto dai bassi e al controsoggetto dei contralti. Tale persistenza nella regione del re minore dà vita al maggior colpo di teatro di questa partitura, laddove la coda del Kyrie si unisce quasi senza soluzione di continuità al primo dei sei numeri della Sequenza, il “Dies irae”, ancora in re minore. Qui si assiste a un’esplosione di terribilità che non è improprio definire “espressionistica”: il ritmo è ossessivo e sottoposto a processi di diminuzione vieppiù incalzanti, le dinamiche sono tutte vergate nel registro del forte, trombe e timpani raffigurante il Dio judex est venturus. Il suono imponente di un trombone tenore, ripreso dalla voce del basso, simboleggia il segnale che raccoglierà tutti di fronte a Cristo.

Ecco dunque il secondo numero della Sequenza, il “Tuba mirum”, che viene poi replicato all’interno del terzo numero di essa, il “Rex tremendae”, in sol minore. Qui l’invocazione omoritmica delle voci del coro al Rex è seguita dalla infinita dolcezza dell’uomo che si rivolge a questo Dio per domandargli “salva me, fons pietatis”. Si passa, quindi, in fa maggiore, all’intreccio delle quattro voci soliste che dà vita al “Recordare”, un momento di stasi destinato a preparare un nuovo climax: quello che ha luogo nel successivo “Confutatis”, in la minore, dove il ritmo vorticoso e violento dell’orchestra accompagna le voci virili mentre rappresentano le fiamme del giudizio divino. L’ultimo numero della Sequenza, il “Lacrimosa”, è il brano di cui Mozart compose solo le prime otto battute: quanto basta, a ogni modo, per conferirgli il suo carattere espressivo. I due numeri dell’ Offertorium, il Sanctus, il Benedictus e l’Agnus Dei, meno convenzionali di quanto non si sia detto, sono scritti da Süßmayr, il quale termina con un Communio nel quale si riascoltano ciclicamente i materiali dell’ Introitus e del Kyrie, come pare avesse prescritto oralmente lo stesso compositore salisburghese sul letto di morte.

Prossimi appuntamenti: Doppia celebrazione il 2 agosto: il 150° anniversario della morte di Georges Bizet, e Carmen, che pure compie 150 anni, e che vedremo in forma di Balletto, con la compagnia del Varna State Opera Ballet, è un essere in fuga, è l’espressione compiuta e dolente dei sentimenti, delle passioni, delle lacerazioni, del disagio di vivere che agitano l’animo umano e che fanno di Carmen un mito tanto moderno, tanto vicino. Si inizierà anche con la rassegna dedicata alla presentazione dei libri, sabato 2, alle ore 18, nel Cortile d’Arme del Palazzo ducale con la presentazione del libro “Roma criminale” del giornalista Giuseppe Scarpa e a seguire un altro libro “Scellerate – storie di donne e scintille nei paesaggi d’Abruzzo” di Antonella Finucci.

 Il 3 agosto, alle ore 18, verrà vissuto il vernissage di Contemporanea 25 nella splendida cornice del Cortile d’arme del Palazzo Ducale alle ore 19, a cura di Emanuele Moretti e Cesare Biasini Selvaggi con opere di Concetta Baldassarre e Annu Palakunnathu Matthew. A seguire, il Balletto dell’Opera di Varna presenterà  un’altra gemma del repertorio ballettistico, sempre nel chiostro di San Francesco alle ore 21,15, Cinderella di Sergej Prokofiev, una grande ricchezza di spunti lirici e amorosi, cui si accompagnano una garbata ironia, colorata talvolta di inflessioni genuinamente umoristiche, un’orchestrazione brillante, godibilità melodica e una grande vivacità ritmica.

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