QUATTRO ATTI DI PROFANAZIONE IN DIALOGO IN UN UNICUM ARTISTICO
Seguendo il percorso di ricerca sul Sacro inaugurato dallo spazio Recherche in questo anno infausto, la direttrice artistica Vittoria Faro chiama quattro artisti contemporanei, Alessandro Calizza, Davide Dormino, Franco losvizzero e Maria Pia Picozza, ad altrettanti “atti di profanazione” del Recinto, in un’unica opera di quattro voci in dialogo chiuse nel monolite muto. Una quinta opera sonora in quadrifonia dell’artista Marco Ubik Bonini abbraccia gli artisti in un unico flusso timbrico che il visitatore è chiamato a ricostruire muovendosi attorno ed interagendo in piena fusione con l’opera, nella sua esperienza percettiva e sensoriale.
L’Arte è sacra e in quanto tale necessita di essere pensata e vissuta con Sacralita. Non si tratta di avere un credo religioso, sacro è quanto si eleva verso la luce. Affinché questo possa accadere l’opera d’arte, la performance, la musica devono essere pensate, trasmesse e vissute attraverso un’esperienza totalizzante, che coinvolga tutti i sensi. Vittoria Faro
Recherche sceglie quindi di aprire una riflessione sul senso dell’esperienza e della sua trasmissione, adottando i limiti imposti dalle restrizioni del Covid come uno stimolo: Chi dice che l’opera d’arte debba essere esperita nella collettività e non nell’individualità? Proprio perché l’arte è soggettiva deve essere priva di pregiudizi e l’esperienza totalizzante è personale. Recherche propone un’ esperienza unica che ciascuno avrà la possibilità di vivere in solitudine in un viaggio sacro nel profano.
Un monolite nero, muto, impenetrabile
domina il silenzio nello spazio immerso nel buio. Forature nella pelle sottile spiano l’interno, come ferite sanguinanti che lasciano attraversare la luce o finestre traforate di confessionali che mettono in relazione l’uomo con l’Immanenza.
Il monolite assume la forma di una Croce e traccia il Recinto, il confine di separazione tra Sacro e Profano.
L’Arte, continua Vittoria Faro, attinge alla dimensione del Sacro, è il non luogo in cui gli opposti, bene e male, giusto e sbagliato, coscienza ed esperienza si fondono in un unicum e che il Logos, la Ragione, nel suo processo cognitivo, ha bisogno di scomporre, analizzare e distinguere. Il Sacro, le risponde Marco Bonini, non si esplora con la Ragione perché è luogo del caos creativo, dei pazzi, dei poeti e dei bambini.
Maria Pia Picozza crea “microcassetti cognitivi” attraverso i quali il visitatore indaga il Sacro per successivi strati di percezione, che è filtrata, distorta e deviata da filtri, lenti e cocci di bottiglia, a rappresentare i medium, gli ostacoli e i tabù che le dottrine religiose interpongono fra l’uomo e il suo approccio al sacro – Il termine del processo cognitivo è l’underground, le radici sotto terra, i muschi e i licheni che conducono dal visibile all’invisibile, dall’occulto al manifesto.
Franco Losvizzero si concentra sul tempo, proponendo un pendolo meccanico a moto perpetuo che fa dondolare il calco della sua stessa testa dal sorriso estatico di un Buddha, giocando a mostrarsi e scomparire, profanando il diaframma monolite dentro e fuori dal Recinto – Il sacro siamo noi o è un azione da compiere? Il sacro è la natura o un luogo dell’immaginazione dentro di noi?
Un ‘recinto’ contiene. Io sono contenitore o contenuto?
Un’ostrica che non è stata ferita, mai produrrà perle, perché la perla è una ferita cicatrizzata – Davide Dormino. L’ostrica costruisce la sua sacralità sul granello di sabbia che è entrato in lei come un intruso. Contenitore e contenuto, custode e custodito, la perla è la perfezione sacra che reagisce all’intrusione del profano, ormando strati di madreperla
che inglobano e isolano il granello allo scopo di proteggere la conchiglia. Dell’intruso, al termine del processo, non si sa più nulla: scompare alla vista ma sopravvive tenacemente sotto molteplici sfere di pregiato materiale multicolore. Senza quell’intruso, il tesoro di inestimabile valore non sarebbe mai stato generato.
Una natura morta campeggia su un altare profanato dal disfacimento, allegoria di un’umanità che ha smarrito il senso e la sacralità della bellezza, aprendosi ad epoche buie. L’essenza più pura cede alla profanazione, sacrificata a falsi miti ed effimere aspirazioni. Alessandro Calizza lancia il suo accorato grido di dolore profanando il recinto del sacro con un’opera muta di una bellezza asfittica ed algida, esortandoci a cambiare la direzione degli eventi in una rinnovata esigenza di purezza.
Ingresso libero, esclusivamente su prenotazione via mail: spaziorecherche@gmail.com