I primi insediamenti nel territorio di Segni risalgono all’età del bronzo, ma l’abitato si sviluppò solo in epoca romana, tempo in cui Segni rivestì una posizione strategica sulla valle del fiume Sacco.
Nel VI secolo a.C. Tarquinio il Superbo re di Roma, inviò a Segni dei coloni e una guarnigione armata per proteggere, per via terra, le vie di accesso alla città di Roma; ciò è dimostrato da numerosi resti archeologici rinvenuti sul territorio. Ma Segni, sin dall’inizio, fu una città-stato autonoma fino al 340 a.C. quando venne stipulato un patto con i Romani che ben presto la elevarono a municipio (89 a.C.) e la fregiarono della sigla SPQS (Senatus Populusque Signinus) godendo così di relativa indipendenza ma con obblighi di alleanza con la stessa Roma. Infatti nel 493 a.C. i Segnini sottoscrissero assieme ad altre popolazioni il Foedus Cassianum, patto di alleanza stipulato tra le città latine e Roma.
In questi tempi Segni era dunque una città tanto fiorente che, unica nel Lazio, coniava monete d’argento con la scritta SEIC che significa cinghiale, da cui si crede derivi il nome della città, anche se altri lo fanno derivare dalle insegne di Tarquinio il Superbo -SIGNIA, in latino- o dalla statua del dio Mercurio -Signinum-, presente nel retro delle monete di Segni. Per la sua fedeltà nei confronti di Roma, Segni venne scelta come luogo di prigionia nella guerra contro Annibale.
Tra l’era repubblicana ed il successivo periodo imperiale, a Signia viene costruito il foro, i templi: uno al dio Ercole ed uno a Giunone Moneta, vengono innalzati monumenti a varie divinità ed all’imperatore Caracalla viene dedicato il foro e vengono costruite numerose ville nel circondario.
Tra la fine del VI secolo e l’inizio del successivo nacque a Segni papa Vitaliano, che pontificò dal 657 al 672.
Nei secoli XII-XIII, inserita nel Ducato Romano e nel “Patrimonio di S.Pietro”, Segni si sviluppò sotto il dominio della Santa Sede raggiungendo l’apice della fama e l’autonomia locale. Nel XIII secolo viene costruita l’odierna piazza Santa Maria, la vecchia cattedrale duecentesca, il palazzo della Comunità e l’Episcopio. In tale periodo Segni divenne residenza estiva dei papi e venne costruita da papa Eugenio III una residenza estiva, che oggi ospita il seminario vescovile.
Nel 1585 papa Sisto V elevò Segni a ducato (il primo duca fu Alessandro Conti Sforza).
Il 20 settembre 1870 Segni entrò a far parte del Regno d’Italia dopo la presa di Roma da parte delle truppe del Regno d’Italia.
Bombardata il 7 marzo 1944, Segni ha perso l’antica Chiesa di Santa Lucia, successivamente ricostruita, e ha pagato un notevole tributo di morti.
Monumenti e luoghi di interesse
Concattedrale di S.Maria Assunta
La chiesa fu costruita nella prima metà del XVII secolo, sulle rovine della precedente che risaliva al 900, al tempo di San Bruno. Ha facciata neoclassica e poggia su un’ampia gradinata. Il campanile, a lato della chiesa, risale al XI secolo. È alto 24 metri, ha sezione quadrata con 5.25 metri di lato. La torre consta di 5 piani divisi esteriormente da una serie di cinque archi pensili. Ogni piano è porta nei quattro lati ampie superfici rientrate su cui si aprono cinque ordini di finestre (dal basso verso l’alto rispettivamente: monofore, bifore, trifore, bifore e ancora monofore). Ai lati della facciata sono ben visibili due quadranti in pietra (una segnala le ore per meridiana, l’altro per lancette orarie), entrambi fuori uso. L’attuale orologio è in uso dal 1933. L’interno, a croce greca, è impreziosito da opere pittoriche. Notevoli infatti i dipinti di Francesco Cozza e la pala dell’altare maggiore, che riproduce la Vergine Assunta sorretta dagli Angeli con in basso gli Apostoli. Un affresco nella cappella di S.Francesco, come riferisce il libro di Bruno Navarra, è attribuito al Baciccio (Giovan Battista Gaulli). All’interno della Cattedrale sono conservate le reliquie di San Bruno, Santo Patrono, nella Cappella omonima.
Architetture militari
Mura poligonali
La città è circondata da un’ampia cinta muraria, perfettamente conservata che prende il nome di mura ciclopiche. Queste sono intervallate da numerose porte che si aprono lungo tutto il percorso della cinta, la più famosa di queste è la Porta Saracena, che presenta un monolite di copertura lungo oltre tre metri (vedi foto). Taluni hanno paragonato questa cinta a quella della città greca di Micene[senza fonte]. Comunque una targa esposta all’ingresso di Segni ricorda ai visitatori che il comune è gemellato con quello di Micene. Nella parte alta della cittadina è ubicato quanto resta dell’antica Acropoli. E qui sono interessanti: la chiesa di S.Pietro costruita con parte delle
antiche mura megalitiche (foto) ed una cisterna del III secolo. Diversi reperti dell’antica città romana sono infine visibili presso il locale museo che da qualche tempo è abba
stanza attivo anche per le scoperte che sono state effettuate in pianura durante la costruzione della linea ferroviaria dell’alta velocità.
La cinta esterna
Sempre dal Signinis memoranda fastis di Colaiacomo, si può leggere:
“Delle mura megalitiche di Segni,veramente di una grandiosità imponente nella vastità delle sue cinte ed dei suoi bastioni interni, possediamo una planimetria (in scala 1/8000), riportata anche da Ionta, di cui ignoro l’autore e la data di rilevamento, non essendo riuscito a trovare la fonte originale, a meno che non si tratti di quella del Perito Gian Pietro Cremona, di cui non si hanno più tracce. Come risulta dalla planimetria citata, la cinta esterna non inizia, come si sente dire erroneamente, col tratto di mura che sostengono il giardino del passeggio e che
costi
tuivano invece il punto di partenza della II cinta collegantesi anticamente a Porta Elcino. Cominciava, invece, a sinistra dell’imbocco di via di Gavignano. Tale prima cinta, però, salvo saltuarie tracce tuttora esistenti e rilevantesi negli orti che si estendono a monte della parte sinistra della via Gavignano fino a quasi all’altezza di via Dante, è completamente mancante per l’intera prima parte del suo antico percorso. Infatti, essa riappare in evidenza soltanto a circa 17 mt. dalla porta del “Reposaturo”, così detta in dialetto perché la gente di campagna, che risaliva dal piano con carichi di gramaglir ed altro sulla testa o sulle spalle (a seconda del sesso), era solita riposarvisi poggiandoveli sui massi poligonali, onde facilitarne il ricarico alla ripresa del cammino dopo la breve sosta ristoratrice…… Le mura ricompaiono ben visibili a circa 20 m prima della successiva Porta di “Pianigliozzo” corruzione del dialettale Pianillozzo…..”.
La Porta Saracena
Questa grandiosa porta rappresenta uno dei più meravigliosi monumenti di tutti i tempi, e per l’imponente grossezza dei massi può ben reggere il confronto con la famosa Porta dei Leoni di Micene, con la quale spesso viene nominata e paragonata. Essa risulta l’esemplare più ben conservato e più interessante di tutte le altre opere similari, ed è perciò citata nel mondo intero in tutti i trattati di archeologia. La sua luce si apre a circa 3/4 di un poderoso raccordo trasversale eretto tra le due cinte, il quale misura all’esterno una lunghezza di mt 15,50, un’altezza che va da mt.1,80 a mt. 6 circa, ed una lunghezza di circa m. 3,40. L’apertura della porta, ad ogiva tronca all’incirca alta mt 2,50, larga alla base mt. 3,50 fino a restrigersi a mt 1,40 alla sommità, mentre lo spessore delle sue mura all’interno del lato sinistro è di circa mt. 2,55.