Le origini di Fumone sono incerte e si perdono nella leggenda. Si dice che Tarquinio il Superbo, ultimo Re di Roma, dopo la sconfitta del lago Regillo, vi si rifugiasse con i suoi uomini e facesse sostituire con opere murarie le difese lignee costruite dai suoi alleati Ernici.
Al di là della leggenda, la posizione di controllo sull’antico sistema viario che univa il Lazio alla Campania, già nel periodo Italico e romano, ne faceva una stazione di avvistamento di primaria importanza. E’ certo infatti che in epoca romana, sulla sommità del monte sorgeva un Oppidum, una torre di segnalazione fortificata. E’ da pochi anni una delle mete favorite del turista in viaggio nella terra dei Papi, per le immacolate bellezze naturali, per le testimonianze storiche e per l’ospitalità dei suoi abitanti.
“CUM FUMO FUMET TOTA CAMPANIA TREMAT” (quando Fumone fuma tutta la Campania trema) recita un antico detto che sembra ancora segnalare agli abitanti dell’antica ciociaria l’imminente pericolo in arrivo.
Le origini del Castrum sono storicamente databili all’anno 962 quando l’imperatore di Germania, Ottone I di Sassonia, donò alla Santa Sede e al Pontefice Giovanni XII la rocca di Fumone assieme alle città di Teramo, Rieti, Norcia ed Amiterno.
Affidata in enfiteusi a custodi, che spesso cercarono di impadronirsene, la torre delle segnalazioni e la Rocca risultano dalle annotazioni del’XI secolo nell’Obituario del Monastero dei SS. Ciriaco e Nicola in via Lata a Roma.
Principale castellania della Chiesa del basso Lazio nel Medioevo, fu anello di primaria importanza di una rete difensiva di castelli pontifici tra i quali: Paliano, Serrone, Lariano e Castro dei Volsci.
L’inaccessibilità del luogo, definito dal cardinale Stefaneschi nella sua Oper Metricum “…Sublimis …non facili gressu nec bello pervia et armis…”, rendeva Fumone una fortezza insepugnabile. Come tale durante l’intero secolo XII fu sede di continue lotte ed assedi sia ad opera dei nemici, sia ad opera degli stessi pontefici (Onorio II nel 1125 ed Eugenio III nel 1149), costretti a combattere i feudatari usurpatori.
Nel 1155 il castello venne invano assalito da Federico Barbarossa.
Nel 1186 la Rocca di Fumone fu l’unica che riuscì a resistere, tra tutti i castelli del centro sud, all’opera devastatrice di Enrico VI Hohenstaufen, fondatore in Sicilia della dinastia degli Svevi.
Nel 1230 papa Gregorio IX recuperò definitivamente la rocca togliendo il possesso ai custodi, dopo l’esborso di svariate libbre d’oro a titolo di liberale indennizzo.
IL PAESE
Chi arriva a Fumone ha gradita sorpresa di poter cogliere la stessa immagine che si presentava agli occhi dei pellegrini Medievali.
La strada che conduce al Castrum si arrampica sul Monte Fumone sin sotto la “cinta muraria”, costituita da pietre riquadrate a punta di martello, interrotta anticamente da una sola porta: Porta Romana.
Il Paese ha una struttura tutta imperniata sulla fortificazione posta in mezzo all’insediamento. La cinta muraria del castello è rappresentata dalla linea esterna delle case.
Entrando dalla Porta Romana, ci si immerge in una atmosfera medievale che si espande in un miriade di vicoli e viuzze. Si può scorgere subito il palazzo sede del Municipio, recentemente ristrutturato e spesso sede di numerose mostre.
Procedendo per i vicoli si giunge al Castello Longhi o Castello di Fumone che fu varie volte sottoposto a rifacimenti per adattarlo a Palazzo gentilizio. Al Castello si può visitare la cappella dove un tempo c’erano le tre celle abitate un tempo da Celestino V ivi rinchiuso dal papa Bonifacio VIII. Qui sono conservate le reliquie principali del Santo.
L’antica rocca, proprietà della Santa Sede, fu ceduta da Sisto V nel 1586 alla Famiglia Longhi di Bergamo quale compenso per vicinanza a Celestino V. Guglielmo Longhi, infatti, fu nominato cardinale diacono di S.Nicola in Carcere, da Celestino V nel 1294. Fu varie volte sottoposta a rifacimenti per adattarla a Palazzo Gentilizio ma radicale fu il restauro del 1710. Nel castello si può visitare la cappella costruita dove un tempo c’erano tre cellette abitate dal Santo e dai due monaci celestiniani che lo assistevano. È a forma circolare, assai graziosa ed armonica, coperta da una cupola decorata di stucchi riproducenti nei quattro spicchi, tra foglie di acanto e volute, gli emblemi araldici della famiglia Longhi: il leone rampante coronato e la torre sormontata dalla crocetta splendente, allusi va al prodi- gio celestiniano; lo stemma della famiglia di Clemente V che canoniz- za Pietro e l’emblema dei Caetani cui appartenne Bonifacio VIII. Qui vengono conservate le reliquie principali del Santo. L’altare costi- tuito da una elegante mensola sorretta da teste alate di angeli, scolpite in legno e dorate, è sormontato da un pregevole medaglione in terracotta patinato in bronzo raffigurante il Santo Pontefice coronato di Tiara in atto di preghiera. Visitando questi luoghi si ha una forte sensazione emotiva che riporta a quei mesi di solitudine e di preghiera che S. Pietro Celestino ha vissuto in questi angusti locali, dove sin avverò un miracolo in occasione della sua morte, quando una piccola croce luminosa apparì sul limitare della cella e cessò non appena il corpo venne portato fuori per essere condotto alla sepoltura.
Il giardino pensile annesso al Castello ha un’estensione di circa 3.500 metri quadrati erappresenta l’esempio di maggiore grandezza a livello europeo posto ad una quota superiore agli 800 metri s.l.m. La sua costruzione fu ultimata nel XVII secolo con l’impiego di almeno 20.000 ore di lavoro, centinaia di tonnellate di terra di castagno tra- sportate a dorso di mulo e poste sulle volte dei vecchi servizi di guardia, che vennero trasformati in cisterne per l’irrigazione e la riserva idrica per le attività del Castello. Il giardino venne arricchito da piante ornamentali e d’alto fusto che sopravvivono i ancora oggi. Sostenuto da un muro I in pietra dell’ altezza di una decina di metri, si può raggiungere percorren- do tre rampe di scale all’interno del Palazzo gentilizio. Dalla sua terrazza in un ordinato susseguirsi di viali di mirto, ed un boschetto di cipressi ed alloro, si apre allo sguardo del visitatore uno spazio senza tempo, sospeso tra cielo e terra. Il paesaggio che si può ammirare si estende dai colli Laziali a nord fino a quelli Ausoni a sud ed è limitato ad est dai Monti Ernici ed a ovest dalla catena dei monti Lepini. Qui si percepisce l’importanza strategica di Fumone nel tempo, dovuta alla possibilità di controllare agevolmente più di qua- ranta borghi e città e di inviare segnali di fumo in caso di invasioni di eserciti ostili.
Proseguendo il cammino si giunge alla Chiesa Colleggiata della SS. Annunziata. E’ la principale Chiesa di Fumone, e conserva numerose testimonianze di devozione alla Madonna del Perpetuo Soccorso. La sua esistenza è certa dall’anno 1147, ma fu completamente distrutta alla fine del 1700. Consta di una navata centrale ed una sola laterale. All’interno si trova un altare marmoreo settecentesco e coro alle spalle. Dietro l’altare maggiore l’Annunciazione del Buttaraggi (1786). Nella navata laterale vi è l’altare dedicato alla Madonna del Perpetuo Soccorso, la cui immagine sacra fu portata a Fumone nel 1886.
Monumenti e luoghi d’interesse
- Borgo Medioevale
- Collegiata SS Annunziata
- Chiesa Madonna delle Grazie
- Chiesa di S. Pietro Celestino V
- Chiesa di S. Gaugerico
- Castello di Fumone Marchetti Longhi con il giardino pensile più alto d’Europa e prigione di Celestino V
- Museo Antropologico “Ada e Giuseppe Marchetti Longhi” (ubicato all’interno del Castello)
Specialità del paese sono le Sagne Pelose, fettuccine ruvide senza uova, solo acqua e farina e un pizzico di sale. Si impasta la farina con un po’ di acqua, quella che basta per l’impasto, si stende la massa e si aspetta che si asciughi. Si taglia poi in base all’utilizzo, ovvero se bisogna fare “Sagne e Fagioli” la pasta avrà una certa forma, se bisogna fare pasta asciutta avrà un’altra forma.