L’inaugurazione della grande rassegna Time is Out of Joint, nell’ottobre del 2016, portando a compimento un ampio processo di trasformazione, riorganizzazione e riallestimento delle sue collezioni, ha segnato l’apertura di un nuovo capitolo nella storia della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea diretta da Cristiana Collu.
L’esposizione, tuttora aperta al pubblico, è stata oggetto nel corso del tempo, di un certo numero di trasformazioni – varianti, aggiunte e sostituzioni di opere – che, modificando sottotraccia la morfologia della mostra, hanno portato in piena luce un progetto pensato sin dall’origine in continua modulazione.
Nell’imminente uscita della pubblicazione dedicata a Time is Out of Joint – che sancisce après coup il fertile lavoro di trasformazione dello spazio e della collezione operato dall’omonima esposizione – il nuovo progetto Joint is Out of Time riapre, per così dire, la partita.
Disseminate in varie sale della Galleria, le opere di Elena Damiani, Fernanda Fragateiro, Francesco Gennari, Roni Horn, Giulio Paolini, Jan Vercruysse si intarsiano nel preesistente delineando l’emergere di un’inedita costellazione il cui disegno appare capace di iscriversi nelcorpus di Time is Out of Joint.
L’obiettivo del nuovo progetto, realizzato in stretto dialogo con gli artisti invitati, è quello di costruire nel già costruito una ‘mostra’ leggibile come una sorta di variazione in corso d’opera e capace di inserirsi in un contesto e di farlo ‘risuonare’, aggiungendo sfumature e tonalità diverse e complementari. Da qui la peculiarità di un format di mostra che trae paradossalmente il suo pregio dal confluire nell’allestimento che la ospita.
Attraverso le opere di sette artisti, diverse per generazione e paese d’origine, Elena Damiani (Lima, 1979), Fernanda Fragateiro (Montijo, Portogallo, 1962), Francesco Gennari (Pesaro, 1973), Roni Horn (New York, 1955), Giulio Paolini (Genova, 1940), Davide Rivalta (Bologna, 1974) e Jan Vercruysse (Ostenda, 1948 – Bruges, 2018), Joint is Out of Time si propone, dunque, di rinnovare conservando.
Ciò che distingue le precedenti “trasformazioni silenziose” di Time is Out of Joint da quelle che ora caratterizzano il nuovo progetto risiede nelle strette collaborazioni con gli artisti invitati: Elena Damiani e Fernanda Fragateiro hanno realizzato un’opera ad hoc per gli spazi espositivi della Galleria Nazionale, mentre Roni Horn e Francesco Gennari hanno collaborato attivamente alla definizione della loro presenza in mostra. L’artista belga Jan Vercruysse – scomparso prematuramente il 27 febbraio di quest’anno e molto legato all’Italia – è oggetto invece di un omaggio concertato con le figure a lui più vicine. Giulio Paolini, infine, coniuga la presentazione di un’opera concepita espressamente per uno degli spazi di accesso della Galleria con il riallestimento di due lavori esposti nel 1988 in occasione della personale che l’artista tenne nel salone centrale del Museo.
La complessa operazione che mette in relazione Time is Out of Joint con Joint is Out of Time, esplicitamente sottolineata dall’inversione di termini espressa nel titolo, tende – tramite una sorta di double bind – a instaurare una relazione disgiuntiva tra due progetti che, fatte le debite proporzioni, si configurano come momenti autonomi ma indissociabili di un unico processo: due momenti simultanei di un’operazione tesa a far emergere, contemporaneamente, da una parte lariserva d’avvenire custodita dalla prestigiosa collezione della Galleria e, dall’altra, la profonda incidenza della memoria della storia dell’arte che anima le nuove opere in mostra.
Grazie alla collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Roma, un progetto di mediazione culturale vedrà la presenza degli studenti negli spazi espositivi della Galleria, coinvolti nell’offrire al pubblico visite guidate e informazioni sulla mostra per tutta la durata di Joint in Out of Time.
Una convenzione con la Fondazione Bioparco di Roma, un luogo con cui il museo condivide la cornice verde di Villa Borghese, consentirà di ottenere una riduzione del biglietto di ingresso previa presentazione del biglietto della Galleria nelle giornate di sabato 26 e domenica 27 gennaio 2019.
Inaugurazione giovedì 21 gennaio 2019 ore 18 con apertura serale straordinaria
Elena Damiani (Lima, 1979. Vive a Lima)
L’artista peruviana trasforma materiali trovati in collage, sculture, video e installazioni. Geologia, archeologia e cartografia sono le discipline da cui Elena Damiani attinge per interpretare documenti scientifici relativi alla composizione, all’evoluzione e alla storia della Terra. Attraverso vari mezzi indaga gli eventi naturali e i loro processi generativi; si confronta con materiale trovato caratterizzato da una componente narrativa come libri, fotografie, filmati video e documenti pubblici. La sua ricerca oscilla tra il trovato e il costruito, tra il fattuale e l’inventato, tra il personale e il collettivo. Ha esposto presso il MUAC Museo Universitario Arte Contemporaneo, Mexico City (2015); MOCAD Museum of Contemporary Art Detroit (2015); Museo Tamayo, Mexico City (2013); MAC Museo de Arte Contemporaneo, Lima (2013); Museo de Bellas Artes de Valencia (2009); IVAM Instituto Valenciano de Arte Moderno, (2007), Valencia; Kunstmuseum Bonn (2006). Ha partecipato alla Vienna Biennale (2015) e alla Biennale di Venezia (2015).
Fernanda Fragateiro (Montijo, 1962. Vive a Lisbona)
La ricerca dell’artista portoghese è orientata verso la rivisitazione del modernismo. Indaga la storia sociale, politica ed estetica del movimento attraverso l’analisi di oggetti, eventi storici e micro- storici e materiali d’archivio. L’astrazione, il colore e la percezione, temi modernisti per eccellenza, sono centrali nella sua riflessione. Fragateiro individua nella scultura e nell’architettura i mezzi di espressione privilegiati potenziando la relazione attivata con lo spazio espositivo e coinvolgendo il visitatore in una relazione performativa. I suoi interventi plastici e architettonici in spazi inconsueti (un monastero, un orfanotrofio, una casa in rovina) rivelano storie dimenticate di costruzione e trasformazione. Alcuni suoi progetti sono frutto di collaborazioni con architetti, paesaggisti e performer. Fragateiro ha esposto presso il Palm Springs Art Museum (2017); Gulbenkian Foundation, Lisbona (2016); Caixa Forum, Barcellona (2016); Palais des Beaux-Arts, Paris (2015); Bronx Museum, New York (2014); Institut Valencià d’Art Modern; Valencia (2008); Centro Cultural de Belém, Lisbona (2007); Centro Galego de Arte Contemporánea, Santiago de Compostela (2006); Serralves Foundation, Porto (2005).
Francesco Gennari (Pesaro, 1973. Vive a Pesaro e a Milano) L’universo artistico di Gennari è esistenziale e soggettivo, sebbene svincolato da qualsiasi riferimento storico e sociale. Nel contesto di una dimensione poetica compiuta in sé stessa, i cui unici protagonisti sono l’artista stesso, il suo studio, la sua quotidianità; le opere – fotografie, disegni e sculture – divengono autoritratti dell’artefice in quanto soggetto universale. Un soggetto definito dal rapporto con tre soli fattori: la vita, la morte, l’aspirazione all’eternità. Tematiche fondanti della ricerca di Gennari sono l’atteggiamento metafisico, nutrito di riferimenti cosmici e quotidiani al tempo stesso, unitamente all’idea dell’artista come demiurgo, colui che, nella mitologia greca, plasma il mondo dalla materia amorfa. Ha tenuto personali in musei internazionali come la Galerie Stadtpark, Krems (2016); la Galleria Civica d’Arte Moderna, Torino (2015); il Museo Marino Marini, Firenze (2014); il Museum Dhondt-Dhaenens, Deurle (2009) e il Musée d’art moderne et contemporain de Saint-Etienne Métropole, Saint-Etienne (2008).
Roni Horn (New York, 1955. Vive a New York e a Reykjavik)
Temi centrali della proposizione artistica di Roni Horn sono la natura nel suo andamento ciclico e l’individuo nella sua dimensione emotiva, entrambi indagati attraverso il binomio identico- differente, il doppio o la sequenza seriale. Attraverso un linguaggio post-minimalista realizza disegni, fotografie, sculture, installazioni, unitamente a libri d’artista e a opere che includono parole e scritti. Negli ultimi trent’anni, Roni Horn frequenta con assiduità l’Islanda, terra le cui peculiarità geografiche, climatiche e culturali influenzano intimamente l’artista e trovano felice espressione in diversi cicli di opere. Horn ha esposto nei più prestigiosi musei internazionali, quali la Pinakothek der Moderne Kunst, Munich (2018); Fondation Beyeler, Riehen/Basel (2016); Fundacio Joan Miró, Barcellona (2014); Whitney Museum of American Art (2009); Tate Modern, London e Collection Lambert, Avignone (2008); Museion, Bolzano (2005); Centre Georges Pompidou, Parigi (2003). La mostra itinerante ‘Roni Horn aka Roni Horn’ è stata presentata presso la Collection Lambert, Avignone; Tate Modern, Londra; Whitney Museum of American Art, New York (2009); ICA – Institute of Contemporary Art, Boston (2010). Roni Horn ha preso parte a rassegne internazionali quali la Whitney Biennial (1991, 2004), Documenta (1992) e la Biennale di Venezia (1997).
Giulio Paolini (Genova, 1940. Vive a Torino)
Protagonista dell’arte concettuale, ha iniziato la sua attività a Torino nel 1960. La sua poetica verte su tematiche che interrogano la concezione, il manifestarsi e la visione dell’opera d’arte. Dalle prime indagini intorno agli elementi costitutivi del quadro l’attenzione si è orientata in seguito sull’atto espositivo, sulla considerazione dell’opera come catalogo delle sue stesse possibilità, così come sulla figura dell’autore e il suo mancato contatto con l’opera, che gli preesiste e lo trascende. Tra le maggiori antologiche si ricordano quelle presso la Whitechapel Gallery, Londra (2014); Kunstmuseum Winterthur (2005); Fondazione Prada, Milano (2003); Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum di Graz (1998); Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (1988); Staatsgalerie, Stoccarda (1986); Nouveau Musée di Villeurbanne (1984); Stedelijk Museum, Amsterdam (1980). È stato invitato a quattro edizioni di Documenta, Kassel (1972, 1977, 1982, 1992) e a nove edizioni della Biennale di Venezia (1970, 1976, 1978, 1980, 1984, 1986, 1993, 1995, 1997, 2013). Ha inoltre realizzato scene e costumi per rappresentazioni teatrali, in particolare con Carlo Quartucci negli anni Ottanta e con Federico Tiezzi per due opere di Wagner negli anni Duemila. Davide Rivalta (Bologna, 1974. Vive a Bologna)
Si è formato presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna dal 1992 al 1996. Ha studiato anche con Cristina Iglesias all’Akademie der Bildenden Künste di Monaco di Baviera fra il 1997 e il 1998. La vittoria del concorso per l’inserimento di un’opera d’arte nel cortile del Palazzo di Giustizia di Ravenna nel 1998 segna l’inizio della sua evoluzione artistica. Le sue tecniche di lavoro preferenziali sono la scultura, il disegno e la pittura. Sue opere sono in permanenza presso: Il Palazzo di Giustizia, l’Autorità Portuale, il Museo Nazionale e Sant’Apollinare in Classe a Ravenna, il Palazzo del Podestà e dell’Arengo di Rimini, la Scuola Media Statale di Uggiate Trevano, Como, al Centro Natatorio di Trieste, e nella Rocca Estense di San Martino in Rio, Reggio Emilia. Ha esposto nei seguenti musei: GAM, Bologna 2005, MAN, Nuoro 2005, MARCA, Catanzaro 2008, Galleria Co-munale d’Arte Contemporanea, Monfalcone 2008 e 2009, Galleria Civica di Modena 2010, MAMBO, Bologna 2010 e Civica, Trento 2014, nonché alla Fondazione Lanfranco Baldi, Pelago 2005 e 2010, alla Kunstlerhaus Palais Thurn und Taxis, Bregenz 2006, alla Strozzina, Firenze 2009 a Villa Romana Firenze 2011 e al Museo della Basilica di S.Maria delle Grazie, San Giovanni Valdarno, Arezzo, a Palazzo Te, Mantova e alla Galleria Nazionale a Roma nel 2016.
Jan Vercruysse (Ostenda, 1948 – Bruges, 2018)
Recentemente scomparso, Vercruysse è una figura chiave dell’arte fiamminga contemporanea. Compie studi di diritto e si dedica alla poesia per poi orientarsi, a partire dal 1974, esclusivamente verso la ricerca visiva. Muove dalla necessità di rifondare il luogo dell’arte a partire da una dimensione ontologica e linguistica, al di là di ogni visione sociale o intento comunicativo.
La sua opera può essere divisa in serie distinte: dalle prime fotografie – autoritratti, nature morte, scene mitologiche – caratterizzate da un evidente registro scenografico, alle architetture senza funzioni – basi, cornici, oggetti d’uso, strutture varie – connotate da una presenza fisica in uno spazio determinato e al contempo inteso come non-luogo. Jan Vercruysse ha tenuto diverse personali presso musei internazionali tra cui il Museum Leuven (2009); il Van Abbemuseum, Eindhoven (1998); il Krefelder Museen, Krefeld (1995); il Castello di Rivoli, Torino (1992), la Kunsthalle, Berna (1989). Ha rappresentato il Belgio alla Biennale di Venezia nel 1993.
ORARI: dal martedì alla domenica 8.30-19.30; ultimo ingresso 18.45
CURATORI: Saretto Cincinelli, Bettina Della Casa
COSTO DEL BIGLIETTO: intero € 10, ridotto € 5, gratuito under 18, docenti e studenti UE delle facoltà di architettura, conservazione dei beni culturali, scienze della formazione e dei corsi di laurea di lettere e materie letterarie con indirizzo archeologico o storico-artistico delle facoltà di lettere e filosofia, portatori di handicap e un loro familiare o altro accompagnatore, giornalisti, Carta “Io Studio”, guide turistiche, soci ICOM, dipendenti MiBAC