La processione delle Torce, di cui non si ha riscontro in nessun altro luogo del Lazio e dell’Italia, è la festa che alla vigilia dell’Ascensione sconvolge, più di ogni altra festa, la tranquilla vita di Sonnino.
La Torce “esplodono” ogni anno come l’avvenimento più straordinario in quanto profondamente radicato nel costume, nella tradizione, nella civiltà del nostro paese. Esse sono il simbolo della dipendenza del sonninese dalla terra e dell’impellente necessità di difenderla. Anticamente chiudevano il ciclo le cosiddette ROGATIONES, riti propiziatori per impetrare da Dio abbondanza di raccolti.
Le “rogationes” risalgono al V secolo d.c. a seguito di lunghe carestie e avversità dovute alla fine dell’Impero Romano d’Occidente. Le radici delle Torce affondano, dunque, nei riti di culto delle antiche feste pagane della civiltà VOLSCO-ROMANA a noi trasmesse e radicate, nel corso dei secoli, nel costume dei sonninesi.
La festa consiste soprattutto in una processione notturna intorno al territorio del paese. Essa ha lo scopo precipuo di allontanare un nemico spirituale (il male, il peccato) e un nemico materiale. Il periplo dei confini vuole essere anche una riaffermazione della propria identità culturale; nello stesso tempo vuole essere un messaggio rituale veicolato e trasmesso attraverso la peregrinazione e le immagini luminose che le torce disegnano nella notte.
La notte diventa così, da semplice dato naturale, uno strumento di cultura, ossia lo schermo indispensabile per lanciare una comunicazione visiva, per trasmettere un messaggio in modo rituale e solenne. I destinatari di questo messaggio visivo sono i sonninesi e le popolazioni confinanti che hanno deciso di fare da spettatori. E’ facile comprendere quanto sia importante essere visti da coloro che fruiranno dello “spazio rifondato” attraverso il culto e il rito delle Torce, ma anche da chi si trova al di là dei confini descritti e rivendicati ritualmente, ossia il forestiero che quei confini deve rispettare.
La manifestazione inizia con solenni VESPRI nel pomeriggio la festività dell’Ascensione, celebrati nel Santuario di Maria SS. delle Grazie, dove vengono benedette 4 torce di cera vergine per i “caporali” che sono coloro che guideranno la schiera dei “torciaroli” per tutto il tragitto. La partenza avviene da piazza San Pietro in un turbine di fucileria e campane a distesa. Al limite del paese il sacerdote esorta e benedice i partecipanti, che si incaminano sui monti.
Il percorso è lungo circa 30 Km, la partenza è alle ore 14:00 ed il rientro è previsto verso le ore 5:00 del mattino di giorno successivo.
In località “La cona” il gruppo si divide in due schiere: la prima percorre il crinale della Costa dei Deveri, il bosco del Tavanese, il Monte delle Fate, fino al costone delle Serre; da qui scende in località “La Sassa”. La seconda schiera segue i confini con Monte San Biagio e Terracina; tocca le località di Monte Romano, Cascano, Frasso, Fossanova, La Sassa dove si ricongiunge alla prima.
La parte più suggestiva della manifestazione è la fiaccolata notturna sul costone delle Serre: all’apparire delle prime luci delle torce esplode sia tra i manifestanti sia tra la popolazione rimasta in paese gioia ed entusiasmo, che vengono accompagnati da fuochi d’artificio (bengala multicolori) e colpi di fucileria a salve che incrociandosi e rischiarando il cielo del grande vallone, creano suggestioni intense. E’ uno spettacolo che non ha eguali……………… In località la Sassa, le torce dei caporali, che non vengono mai accese, sono tagliate in piccoli pezzi e poi distribuite alla gente. Questi sono conservati in casa ed accesi in segno di somma devozione solamente in caso di tempesta e per scongiurare gravi calamità.
Tra storia e leggenda
In tempi passati allo spuntar delle Torce erano legate tradizioni varie di sapore apotropaico: le ragazze in quel momento si spuntavano le trecce, per la credenza che sarebbero ricresciute più forti e più belle; le donne si affrettavano a chiudere le cisterne, per la credenza che se si continuava ad attingere acqua durante il giorno dell’Ascensione essa si sarebbe inevitabilmente inquinata di piccoli vermicelli d’acqua; le fattucchiere insegnavano alle loro figlie le formule per togliere il “malocchio”.