Due bellezze, due plasticismi a confronto: l’architettura dei grattacieli e la leggiadria del corpo femminile.
Due serie che nei titoli ricordano, rispettivamente, la letteratura di Calvino e la mitologia greca; pensiero, poesia, sensualità s’incontrano, quasi fossero fotogrammi di un dialogo tanto naturale quanto inevitabile.
Grazie a un sapiente lavoro di esposizione e messa a fuoco, Veronica Gaido (Viareggio) cala i suoi soggetti in una luce fluttuante, di derivazione impressionista, e, pur velando la forma compiuta, riesce paradossalmente a creare empatia con l’osservatore, a sorprendere con “inquadrature” e punti di vista che, sovente, sono distorsioni dinamiche che ricordano quelle di Giacomo Balla, da cui sgorga un ritmo musicale, una danza di corpi e vetrocemento che porta alla scoperta di anime.
Qui risiede la poesia di queste opere: nel rappresentare ed esaltare l’essenza di corpi, con le loro intelligenze fisiche ed estetiche, tesi a brillare nell’universo.