A ridosso del Monte Schiavone si trova un’insolita grotta naturale scavata e modellata a scalpello nella roccia, non facile da individuare, la Grotta delle Fate.
Sotto l’entrata vi sono una serie di terrazzamenti coltivati che ospitano anche due pozzi.
La porta della grotta è larga 2,50 metri per 2 metri di altezza, ma l’ingresso è ostruito ed è molto arduo accedervi.
L’entrata della grotta, scavata a mezzacosta di un massiccio roccioso su una collina terrosa a ridosso del monte Schiavone, è pressochè invisibile per chi non conosce il posto ed ha la forma rettangolare di un comune portale.
Secondo lo scavo d’entrata è logico supporre che veniva chiusa ad incastro con un masso di almeno 50 cm. di spessore.
Entrando, sul lato sinistro, scavata a scalpello nella viva roccia è la tomba, di cui vediamo i particolari in fotografia.
Sulla vasca interna della tomba, in cui dovevasi porre il cadavere, si vedono bene quattro incastri, due sigilli ed un luogo di scorrimento per un masso rettangolare di chiusura di circa 40 cm. di spessore. Il lato interno minore del sarcofago, a sinistra, è stato scavato quasi a formare un poggiatesta per il defunto.
L’interno poi della grotta non si presenta naturale, bensì scavato a punta di scalpello.
Sul fondo, vi sono due cunicoli, di cui uno, dopo piccolo tratto, si immette sull’altro che, poco dopo, si restringe in un cunicolo più piccolo, in parte ostruito da un agglomerato stalagmitico.
A detta di alcuni abitanti della zona, passato il budello, si giunge in una camera più grande, ma di questa poco possiamo dire poichè ci è stato impossibile raggiungerla per mancanza di adeguate attrezzature.
Purtroppo, col passare dei secoli, la tomba è stata manomessa; il masso di copertura della tomba e quello dell’entrata sono risultati introvabili.
Per la sua posizione, la grotta domina, da un punto suggestivo, tutta la valle dell’Ausente.
Siamo orientati a stabilire l’età della cripta all’VIII secolo circa a.C.
Chiarito che è poco probabile trattarsi di costruzione funeraria dell’epoca romana, poichè tutti i reperti tombali romani della zona sono di diversa conformazione ed edilizia, ed escluso che possa appartenere ad epoche posteriori, rimane l’ipotesi quindi di una tomba osco-sabellica, avente tendenza architettonica etrusca.
Storia della Grotta
Nella valle dell’Ausente, che si estende dalle falde del monte Fammera a quelle dei monti di Coreno Ausonio, del gruppo degli Aurunci, è probabile che circa 2700 anni fa vi dimorasse il popolo degli osco-sabelli, un gruppo etnico appartenente agli italici, mentre sul vicino litorale tirreno vivevano gli etruschi.
Gli etruschi avevano l’usanza di scavare le loro tombe nella roccia viva, formando una o più camere, abbellite con affreschi e sculture; poichè credevano nella vita futura del defunto, gli conservavano, quindi, nei secoli una confortevole abitazione.
Il Toynbee nel suo “Genesi delle civiltà” dice che: “non pare che gli Italici concepissero le loro divinità in sembianze umane; essi avevano poca o punta mitologia, ed i loro culti erano cruda magia”.
E il culto magico ha sempre avuto come sua prossima estrinsecazione l’oscurità misteriosa delle grotte.
La conclusione sarebbe quindi che il popolo osco abbia costruito la tomba, tenendo conto delle sue particolari credenze ed avendo presente anche parte delle usanze etrusche.
La particolare posizione della “Grotta delle Fate“, che domina tutta la vallata dell’Ausente, farebbe quasi pensare alla tomba di un uomo di grande importanza, un eroe, un semidio, tumulato in quel luogo quasi a sorvegliare, custodire e proteggere, anche da morto, il popolo della valle sottostante.
Purtroppo ci è stato impossibile trovare tracce atte a chiarire il mistero e ciò è spiegabile dal fatto che molti secoli sono trascorsi ed i violatori di tombe non sono certo unico retaggio del secoli XVIII e XIX.
Un bellissimo articolo lo trovata a questo link: http://www.luoghimisteriosi.it/lazio_corenoausonio.html