Novembre si apre con due giornate che, più di ogni altra, segnano un ponte tra il mondo dei vivi e quello dei morti. L’1 e il 2 novembre, Ognissanti e la Commemorazione dei Defunti, sono feste profondamente radicate nella cultura italiana, un intreccio di fede religiosa, antichi riti pagani e tradizioni regionali che resistono al tempo (e alla crescente popolarità di Halloween).
Queste giornate, sospese tra la malinconia dell’autunno e il calore del ricordo, raccontano storie di santi, processioni di anime e dolci che rendono “dolce” la memoria.
1. Le Origini: Dai Celti a Roma
Per capire queste feste, bisogna fare un passo indietro, fino a Samhain, il Capodanno celtico. Celebrato nella notte tra il 31 ottobre e l’1 novembre, Samhain segnava la fine dell’estate (la “stagione della luce”) e l’inizio dell’inverno (la “stagione buia”). I Celti credevano che in questa notte il velo tra il mondo dei vivi e il regno dei morti si assottigliasse, permettendo agli spiriti di tornare sulla terra.
La Chiesa Cattolica, nel tentativo di cristianizzare queste festività pagane così sentite, agì strategicamente:
- Ognissanti (1° Novembre): Nell’835 d.C., Papa Gregorio IV spostò ufficialmente la festa di “Tutti i Santi” (precedentemente celebrata a maggio) al 1° novembre. Era un modo per sovrapporre la celebrazione dei santi e dei martiri (la “Chiesa trionfante”) alla festa pagana del ritorno dei morti.
- Commemorazione dei Defunti (2 Novembre): Fu nel 998 d.C. che l’abate Odilone di Cluny istituì questa giornata, dedicata specificamente alla preghiera per le anime dei defunti (la “Chiesa purgante”), dando una cornice liturgica al bisogno popolare di ricordare i propri cari.
2. Tradizioni Immancabili: Crisantemi e Cimiteri
In tutta Italia, il gesto più comune e visibile è la visita ai cimiteri. Non è un atto di sola tristezza, ma di cura. Le famiglie si riuniscono per pulire le tombe, lucidare le lapidi e portare fiori.
Curiosità: Perché i Crisantemi? Il crisantemo è universalmente riconosciuto in Italia come “il fiore dei morti”. Questa associazione non ha un’origine sinistra; è puramente stagionale. Il crisantemo fiorisce splendidamente tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, rendendolo il fiore più disponibile e colorato per adornare le tombe in questo preciso periodo. In altre culture (come in Giappone), è invece simbolo di vita e nobiltà.
3. Leggende e Usanze Regionali: Quando i Morti Tornano
È nelle tradizioni locali che emerge il cuore folkloristico di queste giornate. La credenza centrale è che, nella notte tra l’1 e il 2 novembre, le anime dei defunti tornino a visitare le loro case.
Il Cibo per le Anime
In molte regioni, la tradizione impone di non sparecchiare la tavola la sera di Ognissanti. Si lascia cibo, acqua (o vino) e pane per rifocillare le anime dei parenti in visita dopo il loro lungo viaggio.
- In Lombardia, si lasciava anche un secchio d’acqua fresca perché i morti potessero dissetarsi. In alcune case, si aggiungeva un posto a tavola per il “morto” che si credeva sarebbe tornato a sedersi con la famiglia.
- In Sardegna, la tavola veniva lasciata imbandita e le famiglie andavano al cimitero, lasciando la casa “libera” per la visita degli spiriti.
Le “Lumere” e le Zucche
Molto prima che Jack-o’-lantern diventasse un’icona, in diverse parti del Nord Italia (specialmente in Veneto e Friuli) esisteva l’usanza di intagliare delle zucche (chiamate lumere o sucche barucche), porvi una candela all’interno e posizionarle sui davanzali o sui muretti. La luce serviva a indicare la strada alle anime buone e a scacciare quelle malvagie.
La Sicilia e i Doni dei Morti
La tradizione siciliana è forse la più gioiosa. Qui, il 2 novembre è la “Festa dei Morti”. I bambini credono che i morticini (i loro antenati defunti) portino loro doni durante la notte, un po’ come fa Babbo Natale. Al mattino, i piccoli cercano per casa i regali (spesso dolci e giocattoli). È un modo per creare un legame affettivo e positivo con chi non c’è più, trasformando il lutto in dolce attesa.
4. Curiosità in Tavola: I “Dolci dei Morti”
Se c’è una cosa che unisce l’Italia in questo periodo, è la pasticceria commemorativa. Ogni regione ha i suoi “dolci dei morti”, che spesso hanno forme e nomi simbolici.
- Ossa dei Morti: Diffusi ovunque, sono biscotti secchi e duri (a base di mandorla, zucchero e albume), spesso a forma di piccole ossa. La loro durezza simboleggia la “freddezza” della morte, ma la loro dolcezza il ricordo.
- Pane dei Morti (Lombardia): Un pane dolce, scuro e speziato, ricco di frutta secca (fichi, uvetta, mandorle), che simboleggia la ricchezza dei doni da offrire ai defunti.
- Frutta Martorana (Sicilia): Legata ai doni per i bambini, è la celebre frutta di pasta di mandorle (pasta reale) dipinta così realisticamente da sembrare vera.
- Fave dei Morti (Umbria e Lazio): Piccoli dolcetti a base di mandorle. La loro origine è antichissima: le fave, nell’Antica Roma, erano considerate un cibo rituale che conteneva le anime dei defunti, usato durante le Lemuria (le feste romane dei morti).
Ognissanti vs. Halloween: Una Falsa Competizione
Oggi si parla spesso di Halloween (tradizione anglosassone di origine celtica, filtrata dalla cultura americana) come di un’importazione che “cancella” le nostre feste. In realtà, Ognissanti e Halloween sono parenti stretti. Halloween non è altro che la contrazione di “All Hallows’ Eve”, che in inglese antico significa “La Vigilia di Tutti i Santi”.
Entrambe le celebrazioni nascono dalla stessa radice (Samhain) e dalla stessa paura e rispetto per il “velo sottile” tra i mondi. Ciò che l’Italia celebra con la visita composta al cimitero e i dolci dei morti, la cultura anglosassone lo esorcizza con maschere e il “dolcetto o scherzetto”.
In conclusione, che si accenda una candela in chiesa, si mangi un “osso dei morti” o si intagli una zucca, il senso profondo di questi giorni rimane invariato: celebrare la vita ricordando chi ci ha preceduto, mantenendo vivo un legame che nemmeno la morte può spezzare.
Immagine di copertina in concessione da Deposit Photos




 
 
 
 






