Questa necropoli si estende per settecentocinquanta ettari e raggruppa circa duecento sepolcri. La particolarità è data dalla vastità delle decorazioni pittoriche. Infatti l’usanza della decorazione non è un elemento circoscritto a questa zona, ma nella Necropoli di Monterozzi di Tarquinia la presenza di pitture è così estesa da costituire un fattore di eccezionale importanza soprattutto perché permette di capire l’evoluzione della civiltà etrusca. Qui entriamo nelle loro case, li osserviamo mentre mangiano, intenti a banchettare, sdraiati su klinai, mentre i musici suonano e gli schiavi nudi servono; le pitture fotografano la vita reale del popolo etrusco e accompagnano il defunto nel suo percorso ultraterreno.
Le Tombe
Sono oggi visitabili le Tombe del Cacciatore, dei Giocolieri, della Pulcella, Cardarelli, della Fustigazione, Fiore di Loto, delle Leonesse, dei Gorgoneion, dei Caronti, dei Leopardi, delle Baccanti, della Caccia e Pesca. Colori silenziosi, gesti solenni e piccole quotidianità, saluti e commiati che richiamano ai valori e alle abitudini di una civiltà grandiosa e che con commossa discrezione e bellezza aiutano in parte a districare le trame di mistero che ancora avvolgono la storia etrusca.
Un elemento di eccezionale interesse archeologico è costituito dalle vaste necropoli, in particolare la necropoli dei Monterozzi, che racchiudono un gran numero di tombe a tumulo con camere scavate nella roccia, nelle quali è conservata una straordinaria serie di dipinti, che rappresentano il più cospicuo nucleo pittorico a noi giunto di arte etrusca e al tempo stesso il più ampio documento di tutta la pittura antica prima dell’età imperiale romana.
Le camere funerarie, modellate sugli interni delle abitazioni, presentano le pareti decorate a fresco su un leggero strato di intonaco, con scene di carattere magico-religioso raffiguranti banchetti funebri, danzatori, suonatori di aulós, giocoleria, paesaggi, in cui è impresso un movimento animato e armonioso, ritratto con colori intensi e vivaci. Dopo il V secolo a.C. figure di demoni e divinità si affiancano agli episodi di commiato, nell’accentuarsi del mostruoso e del patetico.
Tra i sepolcri più interessanti si annoverano le tombe che vengono denominate del Guerriero, della Caccia e della Pesca, delle Leonesse, degli Auguri, dei Giocolieri, dei Leopardi, dei Festoni, del Barone, dell’Orco e degli Scudi. Parte dei dipinti, staccati da alcune tombe allo scopo di preservarli (tomba delle Bighe, del Triclinio, del Letto Funebre e della Nave), sono custoditi nel Museo nazionale Tarquiniense; altri sono visibili direttamente sulla parete su cui furono realizzati, restituendoci la conoscenza della scomparsa pittura greca, cui sono legati da vincoli di affinità e dipendenza.
Di minor livello artistico appare la scultura in pietra, presente in rilievi su lastre o nella figura del defunto giacente sul sarcofago; notevole tra gli altri il sarcofago calcareo della tomba dei Partunu, opera di pregevole fattura, databile a età ellenistica; tra le decorazioni fittili, un frammento ad alto rilievo, proveniente dal frontone dell’Ara della Regina, è conservato nel Museo nazionale tarquiniense, ove è raccolta tra l’altro un’importante serie di reperti ceramici, bronzi laminati, rilievi e terrecotte provenienti dalla zona, databili dal periodo geometrico al tardo-etrusco.
Itinerari
Itinerario: la suggestiva area funeraria della Doganaccia, dominata da una coppia di grandi tumuli, è distante circa 3 km dalla Barriera S. Giusto, area parcheggi e centro della città; scendendo alla rotatoria e svoltando a sinistra in direzione Necropoli etrusca-Viterbo si prosegue alla Necropoli del Calvario; continuare sulla Strada Provinciale Monterozzi e, superato il moderno Cimitero, dopo 500 imboccare a destra la vecchia strada “della Madonna del Pianto” (seguire la segnaletica). Scendere e girare a destra fino alla necropoli (a sinistra con area sosta)
Dalla Doganaccia è poi possibile raggiungere, in auto o a piedi, il Tumulo Luzi in località Infernaccio, distante circa un chilometro. La tomba, caratterizzata da un imponente ingresso a gradinata destinato a ospitare le cerimonie e gli spettacoli funerari, si raggiunge percorrendo la vecchia strada “della Madonna del Pianto”: Uscendo dalla Doganaccia, si deve girare a sinistra e proseguire per 700 m; al grande incrocio, svoltare nuovamente a sinistra (seguendo la segnaletica) in via R. Follerau. Quindi, alla seconda via, girare a destra e poi imboccare la prima via a sinistra (l’accesso della tomba si trova a destra).
Dalla Doganaccia, in direzione opposta, si possono invece raggiungere, sia a piedi che in auto, i tumuli delle Arcatelle-Secondi Archi con la Tomba delle Pantere, la più antica sepoltura dipinta di Tarquinia. Proseguendo a destra, lungo la strada “della Madonna del Pianto”, si arriva all’incrocio con la Provinciale Monterozzi.
Altri Tombe nelle vicinanze
Altri due grandiosi tumuli principeschi si trovano nell’entroterra tarquiniese, sul Poggio Gallinaro (presso La Civita) e sul Poggio del Forno (in località Turchina, verso Monte Romano). Le due località, al momento non comprese nell’itinerario archeologico attrezzato, sono immerse in un ambiente ancora intatto e si raggiungono seguendo la strada Statale Aurelia-bis.
Gravisca.
Sulla costa, in prossimità dell’area archeologica di Porto Clementino, si trovano i resti dell’emporio greco-etrusco di Gravisca. Sono visibili i resti di un importante luogo di culti, situato ai margini della colonia romana, dedotta nel 181 a.C., sui resti di un precedente insediamento etrusco. Il santuario è frequentato dal 600 a. C. al sec. III a.C. ed è articolato con vari edifici di culto dedicati a divinità greche ed etrusche.
Tomba delle Pantere
Contraddistinta in superficie da un tumulo, delimitato alla base da un perimetro costruito con pietre piccole e irregolari, la sepoltura fu scoperta nel 1971. La tomba delle Pantere è al momento l’unica e più antica testimonianza tarquiniese della pittura funeraria di età orientalizzante (ben documentata invece a Veio e Cerveteri), anteriore quindi alla grande stagione pittorica arcaica d’influsso greco-ionico, di cui Tarquinia costituirà l’epicentro in Etruria.
Attraverso un breve e ripido dromos a gradini, sulla cui parete sinistra si apre una rozza celletta, si scende in una stretta camera rettangolare con tetto a doppio spiovente e due alte banchine alle pareti laterali per la deposizione dei defunti. La decorazione dipinta è limitata alla parete di fondo e a quella di ingresso; su quella di fondo si distinguono due grandi felini visti di profilo (quello di sinistra con la testa di prospetto), contrapposti in schema araldico e con le zampe anteriori poggiate sulla mostruosa protome di un altro felino (una sorta di mascherone) che è al centro; sulla parete di ingresso, ai lati della porta, altri due felini accucciati. Le belve sono una minacciosa rappresentazione di quel mondo dei morti così diverso ed estraneo alla natura umana.
La tomba si data agli anni finali del VII sec. a.C. La rappresentazione dei felini rievoca quella documentata nella contemporanea ceramografia etrusca: i corpi degli animali sono realizzati a linea di contorno, in bicromia rosso-nera, e il manto è stilizzato con motivi a cerchio e punto centrale. Lo stile dell’affresco, con grandi figure di animali che non tengono conto della struttura architettonica della camera, sembra tradire la mano di un pittore di vasi non abituato a lavorare su vaste superfici e attesta l’importante ruolo svolto dai ceramisti nell’elaborazione delle prime esperienze della pittura tombale etrusca.
Informazioni
Necropoli dei Monterozzi – Tarquinia
Orari e Tariffe: Per orari e tariffe aggiornati consultare direttamente il sito dell’Ente
Indirizzo: Via Ripagretta – 01016 Tarquinia (VT)
Telefono: 0766 856308
eMail: pa-certa@cultura.gov.it
Web: https://pact.cultura.gov.it/