Il ritorno alla vita e la rinascita: è l’allegoria del Calendimaggio, la festa che nei secoli passati salutava l’arrivo della buona stagione dopo il rigido inverno. Una festa tipica di una tradizione contadina che è ancora fortemente radicata nel borgo di Paganico Sabino, fra i più antichi della Valle del Turano. Qui il primo maggio fra tradizioni, storie e leggende, ma anche riti pagani e prelibatezze locali, si celebra il “Kalènnemàju” e si festeggia con la Sagra dei Vertuti. “San Félìppu e Jàku, faccio a Kalènnemàju, se mòro affonno, se nò ritorno”: è con questi versi che gli abitanti del luogo e i visitatori daranno il via al rito al quale i nostri antenati, timorosi di Madre Natura, facevano riferimento per trarre le sorti della propria esistenza.
Rigorosamente digiuni, immergeranno tre ghiere di noci in un bicchiere colmo di vino pronunciando l’arcano rito: se le noci resteranno a galla, quella in arrivo sarà un’ottima stagione.
Sei pronto ad assaggiare un piatto antico, gustoso, sano e che forse non conosci? La Proloco di Paganico Sabino organizza, nel paesino in provincia di Rieti, la Sagra dei vertuti, una zuppa tipica dell’Appennino laziale. Un’occasione ghiotta e molto fuori porta per passare il 1° maggio senza plaid e cesti per il picnic.
I vertuti (che in dialetto significa “verdure”) è un’antica zuppa a base di legumi (principalmente fave, cicerchie e lenticchie) mischiati a erbe spontanee e aromatiche, lasciati cuocere a fuoco lento per 3 ore in una pignatta di terracotta adagiata nel camino delle case dei contadini. Il profumo dei vertuti caldi annunciava maggio: il 1° maggio è il giorno in cui tipicamente si preparava questa specialità, e la sagra raccoglie la tradizione anche in questo aspetto.
La sagra di Paganico valorizza il legame con la tradizione non solo nella scelta gastronomica, ma anche nelle attività di intrattenimento e cultura che accompagnano gli aspetti culinari: durante la giornata dedicata ai lavoratori sarà possibile visitare una mostra di di attrezzi della civiltà contadina, mentre alle 11:30 verrà rievocato l’antico rito del “Kalènemàju”, cioè delle calende di maggio (ovvero il primo maggio), la cui origine si perde nella notte dei tempi.