Il Club Alpino Italiano di Rieti e del Lazio ha partecipato il 16 gennaio alla “Consultazione con le
organizzazioni rappresentative – a livello nazionale e internazionale – della produzione di beni e
servizi, delle professioni”, prevista dal Ministero dell’Università per la presentazione della proposta di istituzione del Corso di Laurea in Scienze della Montagna.
L’importante incontro si è tenuto a Roma presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Invitato dall’ente organizzatore Università della Tuscia di Viterbo, il CAI è stato chiamato al tavolo dei lavori poiché è stato il primo soggetto che nel 2011 lanciò a Rieti l’idea di istituire un corso universitario legato alla montagna appenninica, essendone stato costituito da poco uno sulle Alpi, ad Edolo.
All’incontro presso il CNR il CAI ha portato il suo appoggio operativo e sostegno promozionale affinché si istituisca un corso di Scienze della Montagna presso Sabina Universitas, corso già annunciato l’anno scorso ma che ha subito un rallentamento per il complesso iter previsto dal MIUR. Il modello di sviluppo dei territori montani passa attraverso nuove idee e una nuova formazione di chi decide di operare in montagna e crearvi economie. Perciò il CAI è presente, dando il proprio appoggio alla proposta Tuscia-Sabina Universitas, convinto che i nuovi impieghi per professioni e mestieri in montagna debbano rispondere a parametri ed esigenze del mercato di domani, di un progetto duraturo su tempi lunghi. Le realtà dei Monti Reatini e dei loro paesi pedemontani sono in rapido mutamento, oggi ci sono esempi di comuni virtuosi come Bolzano ma altre realtà, soprattutto in Appennino, sono in sofferenza perché dimensionate, trascurate e prive di una loro identità-attrattività di “site specific”.
La creazione di un corso di laurea a Rieti con seminari stanziali sui luoghi specifici del Massiccio del Terminillo favorirebbe indotto duraturo, la presenza di giovani e l’affezione al territorio in vista di una nuova imprenditoria come promuove “Rete montagna”, l’associazione internazionale di studi e di proposte a servizio di chi vive in montagna. L’Europa chiede uno sforzo di visione sul piano delle nuove professioni in un’epoca di radicali quanto brusche trasformazioni, anche indipendenti dalla nostra volontà: la crisi economica ed energetica globale, lo spopolamento dei territori più in quota, i cambiamenti climatici e le loro conseguenze, impongono un urgente ripensamento in termini di sviluppo, priorità, costi-benefici nei territori montani. Le aree alpine assistono di recente al ripopolamento anche da genti provenienti da paesi e culture molto lontane. Con un occhio rivolto al futuro, nel rispetto delle identità culturali e sociali dei luoghi, bisogna capire le nuove esigenze anche in termini di una nuova formazione di figure professionali a breve termine.
Perciò appare strategico investire nella formazione in Appennino, favorendo figure non solo di ricercatori e di tecnici, ma anche di operatori nell’ambito agro-silvo-pastorale, nel turismo lento e nell’accoglienza (raccomandazione europea), che sappiano gestire e valorizzare in modo autenticamente sostenibile le risorse dei territori montani senza sciuparle, né lasciandole in questo stato di permanente inerzia e sottovalutazione. Serve un approccio sistemico che solo l’università può favorire, anche in termini di formazione permanente, garante di vera innovazione nei prodotti e nei modelli organizzativi, e custode nello stesso tempo del patrimonio tradizionale.
Su questo convergevano gli apporti di tanti soggetti portatori d’interesse, intervenuti per sostenere il nascituro corso universitario: il CNR, la FAO, il WWF Italia, l’Ordine dei Geologi del Lazio, l’Associazione Nazionale di Ingegneria Naturalistica, la Società Italiana di Restauro Forestale, le Fondazioni Varrone e Catalano, il Consorzio Bonifica Tevere-Nera, l’Ordine Agronomi e Forestali Lazio ed altri ancora, tra cui imprenditori e associazioni di categoria. E in quest’ottica si sta muovendo anche il concorso di idee bandito da RENA Antenna di Rieti che vuole creare nell’ex SNIA VISCOSA un polo di ricerca internazionale su terra, acqua e aria: come ci raccomanda ogni direttiva europea, poiché le nuove dinamiche sono lette non solo a scala locale, ma inquadrate nei più generali cambiamenti globali che interessano l’intero continente europeo e il pianeta tutto. Il CAI, infatti, crede proprio in questo tipo di sviluppo territoriale, a maggior ragione in montagna.