Spaghetti o mezzi rigatoni, guanciale, pepe nero, un filo d’olio, uova fresche, pecorino, pochi minuti ed è pronto un piatto ormai entrato nella storia della gastronomia italiana. Ma nella storia da quanto tempo?
La pasta alla carbonara, piatto simbolo della città di Roma, è una pietanza così buona da meritare numerose ipotesi sulla sua origine, oltre che a vantare ovviamente diverse paternità.
Secondo una teoria la storia di questo piatto risale al 1945, alla fine della seconda guerra mondiale, quando gli americani entrarono a Roma. Pare che quando andavano nelle trattorie romane e chiedevano per pranzo uova, pancetta e noodles(i tipici spaghetti cinesi), che in America erano più famosi di quelli italiani, si vedevano portare guanciale, uova al tegame ed un piatto di spaghetti sconditi. Come dire? Di necessità virtù, quindi per ovviare all’inconveniente mescolavano tutto dando vita, forse, all’antenato della carbonara. Una variante di questa teoria farebbe risalire al bacon, pancetta affumicata, e alle uova in polvere portate a Roma dalle truppe Usa, l’origine di questo piatto. Potrebbe anche essere stato semplicemente l’incontro di questo ingrediente di oltre oceano con la tradizione della pastasciutta romana a creare la carbonara. Quale sia la strada, pare che gli americani siano la chiave… Secondo un’altra tesi il piatto deriverebbe invece da quei contadini della Ciociaria che tagliavano e raccoglievano legna che successivamente accatastavano e ricoprivano di terra battuta (le cosiddettecarbonaie) per ottenere, per combustione lenta, il carbone. La frequentazione dei luoghi in cui quegli uomini andavano a tagliare legna portava alla preparazione di paste con i prodotti disponibili sul posto, come uova, lardo e pecorino: praticamente la carbonara. Ma un’osservazione potrebbe essere: erano le uova un prodotto facilmente conservabile e trasportabile??
Secondo i più tradizionalisti la carbonara è l’evoluzione del piatto che anticamente si chiamava cacio e ova, di origini Laziali e Abruzzesi, che i carbonari usavano portare nei loro “tascapane”, preparati anche il giorno prima e consumati freddi, con il solo utilizzo delle mani (uguale per la cacio e pepe quando non avevano le uova). Le fonti? Nonne, bisnonne, etc…. Come suggerito dal nome, non può mancare un’ipotesi che attribuisce l’origine proprio al periodo dei moti carbonari, e che sia stato inventato da loro, essendo gli ingredienti della ricetta di facile reperibilità anche nei nascondigli. Ultima tesi degna di nota fa risalire il piatto ad origini napoletane, per l’esattezza a Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino che scrisse “La cucina teorico pratica” pubblicato per la prima volta a Napoli nel 1837. Sembrerebbe che già nelle prime edizioni di questo libro comparisse una ricetta assimilabile a quella che oggi conosciamo. Ma leggendo il libro di Ippolito Cavalcanti si può verificare che in realtà nel libro c’è una ricetta di una pasta che ha come ingrediente l’uovo ed è il “timpano di maccheroni di magro senza pasta”: ma in questa ricetta non c’è il guanciale, né la pancetta, al di là del fatto che l’uovo viene cotto e ricotto. Pertanto tale origine è quanto meno discutibile… Per spiegare l’origine del nome basti pensare al pepe nero, che ricorda la polvere del carbone, e che viene riconosciuto come elemento essenziale della pasta.
Infine è stato anche riportato dai media la notizia che il piatto sarebbe stato inventato durante la seconda guerra mondiale a Riccione dallo chef Renato Gualandi e che questi si sia ispirato ad un piatto della cucina slovena: lo avrebbe rielaborato per utilizzare la pancetta e le uova comprate al mercato nero dal reggimento canadese che il 22 settembre 1944 si recò a pranzo presso l’hotel nel quale era cuoco (Hotel Des Bains) per un pranzo-riunione. Questa ipotesi sarebbe del resto avvalorata dal fatto che non esiste alcuna testimonianza letteraria dell’esistenza di questo piatto prima del 1944, e che a Roma esso era sconosciuto prima della seconda guerra mondiale. Questa teoria è però criticata da molti chef ed esperti del settore.
Ma la carbonara, storia a parte, che caratteristiche deve avere? Le accortezze da utilizzare per la preparazione di questo must della cucina romana ed italiana sono poche ma fondamentali: la scelta degli ingredienti prima di tutto e quei due minuti che servono per amalgamare, fuori dal fuoco, il condimento nella pasta.
Per fare una buona carbonara serve una buona, anzi ottima, pasta di grano duro, delle uova freschissime, un buon pecorino (al limite mescolato con un po’ di parmigiano reggiano o grana padano), del pepe nero, un filo d’olio ed il guanciale. Il guanciale, ultimo della lista ma fondamentale per la buona riuscita di questo piatto: troppo spesso si sente parlare nelle ricette di pancetta e guanciale come se fossero la stessa cosa. Eppure pancetta e guanciale sono due tagli ben diversi, come dicono peraltro anche i loro nomi: la pancetta viene ricavata dall’addome mentre il guanciale viene ricavato dalla guancia del maiale. L’amatriciana e la carbonara, ad esempio, vogliono il guanciale. Sia chiaro: liberi di usare la pancetta, ma cambia la ricetta, e quindi il nome da dare al piatto.
A volte, però, trovare il guanciale è complicato, mentre la pancetta è più facilmente reperibile. In questi casi, se possibile, bisognerebbe, quanto meno per limitare i danni, trovare la pancetta tesa, che, con il suo sapore dolce e profumato, si avvicina al guanciale più degli altri tipi di pancetta.