Il Lazio è una delle regioni più ricche di storia con i suoi monumenti, le sue strade e le sue piazze, ma anche con le tradizioni popolari che ancora oggi resistono alla modernità. Fra queste tradizioni non mancano tanti e svariati giochi, ovvero delle attività che per molti anni hanno rappresentato la quotidianità degli abitanti di Roma e dei paesi limitrofi. Si parla, per la maggior parte, di passatempi svolti in gruppo e all’aperto, dei momenti di socialità e condivisione che accompagnavano spesso le feste e le sagre di paese. Alcuni di questi sono rimasti invariati nei secoli, mentre altri sono stati reinterpretati. Vediamo allora nel dettaglio quali sono i principali e come funzionano o funzionavano.
Le carte
Tra i passatempi tipici degli abitanti del Lazio non potevano mancare certo anche le carte da gioco, sebbene non esista un mazzo caratteristico di questa regione, che è più solita adoperare le carte piacentine quando bisogna ricorrere a quelle regionali per giocare a burraco, a scopa, a briscola o comunque a tutti quei giochi che non richiedono i più comuni mazzi francesi. Tra i giochi di carte più popolari a Roma e dintorni figurano attività oggi considerate storiche, come la Zecchinetta, il faraone o il trenta quaranta, spesso praticate nelle osterie nonostante i divieti papali perché considerate forme di gioco d’azzardo. Le carte erano il principale svago sia all’aperto in piazza che nelle taverne, capaci di unire tutte le generazioni e i ceti sociali. Oggi molte di queste tradizioni sopravvivono nelle versioni digitali dei giochi classici, ma il fascino delle partite tra amici rimane immutato, soprattutto durante le feste.
La ruzzola
Tra i giochi di abilità più caratteristici del territorio laziale c’è senza dubbio la ruzzola, che si praticava in particolare nelle campagne e nei borghi. Il nome deriva dal disco di legno che veniva lanciato lungo percorsi anche di diversi chilometri. I partecipanti avvolgevano una corda attorno alla circonferenza e la scagliavano con forza per far rotolare il cerchio il più lontano possibile, spesso lungo strade sterrate o declivi naturali. La ruzzola era anche un’occasione di ritrovo per intere comunità e viene praticata tutt’oggi come rievocazione storica. Esistono diverse varianti del gioco che sono nate nel tempo in altri luoghi.
Le bocce
Un altro gioco fortemente radicato nella cultura romana è quello delle bocce, la cui popolarità è rimasta intatta anche in epoca contemporanea. La dinamica è semplice ma servono discrete abilità, che si ottengono solo giocando tanto. Si lancia una sfera cercando di avvicinarsi il più possibile a un pallino più piccolo, detto “boccino”. Il lessico del gioco è entrato nel linguaggio quotidiano romano: espressioni come “andare a lecco”, che significa accostare perfettamente la propria boccia, sono tuttora usate anche fuori dai campi da gioco. Le bocce erano praticate nei giardini pubblici o nelle strade di periferia. Oggi si gioca in veri e propri circoli bocciofili, ma anche in spiaggia.
La morra
La morra è uno dei giochi più antichi e spettacolari del Lazio. Si praticava in coppie, con due squadre di due giocatori che, contemporaneamente, mostravano con la mano destra un numero di dita mentre con la sinistra tenevano il conto. L’obiettivo era indovinare la somma delle dita mostrate da entrambi i giocatori. Le partite erano velocissime, non c’erano pause e attiravano molta gente a guardare. Questo gioco ha un’origine davvero molto antica, tanto che nell’antica Roma si chiamava “micatio” o “digitis micare”, ovvero ‘guizzare’, in riferimento al veloce movimento delle dita. Ancora oggi sopravvive in alcune zone dell’entroterra laziale ma è vietato se si scommettono delle somme, perché lo rende a tutti gli effetti un gioco d’azzardo.
Il salto della quaglia e la canofiena
Accanto ai giochi degli adulti c’erano poi anche tanti giochi per i più giovani. Il salto della quaglia era una variante locale del salto della cavallina: i ragazzi si disponevano in fila indiana e l’ultimo, correndo, saltava a turno le spalle dei compagni. Era un gioco dinamico e collettivo, che animava i cortili e le vie dei paesi, soprattutto nelle giornate di festa. Per le ragazze, invece, il passatempo più diffuso era la canofiena, antica versione dell’altalena moderna. Pochi strumenti bastavano per trasformare un albero o una trave in un momento di gioia condivisa.
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