Il monte Everest prende il nome da un geometra britannico dell’India.
Il Kilimangiaro, in swahili, è “La montagna del dio del freddo”.
Il K2 (o Karakoram 2) è stato il secondo picco rilevato nella gamma Karakoram.
Oggi, queste vette hanno tutte dei nomi, ma inizialmente il nome veniva semplicemente assegnato quando un membro della spedizione diceva a un altro: “Dai! chiamiamolo come il nostro amico!“.
In che modo il termine “Monte Everest” è diventato in nome universalmente accettato per quella particolare montagna?
Le vette hanno sempre avuto più nomi, ad esempio, il Monte McKinley, la montagna più alta del Nord America era originariamente conosciuta dagli indigeni Athabascan come Denali, che significa “alta” nella loro lingua madre.
Quando la Russia possedeva l’Alaska, si chiamava Bolshaya Gora.
Quando Frank Densmore divenne il primo europeo a raggiungere la base della vetta alla fine del XIX secolo fu chiamata Densmore’s Peak.
Solo nel 1896, un cercatore d’oro lo chiamò come un candidato politico dell’Ohio, e la montagna divenne il Monte McKinley.
Qualcuno deve apporre un timbro su uno di quei nomi per trasformarlo a designazione ufficiale, senza di essa, le nostre mappe sarebbero un agglomerato di etichette diverse, rendendo impossibile sapere quale sia il nome reale.
Quindi chi decide qual è il nome “corretto” che dovrebbe essere stampato sulle mappe di tutto il mondo?
Come per molte cose, è una questione burocratica. Negli Stati Uniti, le decisioni finali sull’approvazione o il rifiuto di tutti i nomi geografici sono lasciate a un consiglio di amministrazione governativo formato da sei dipartimenti federali, la Central Intelligence Agency, il Government Publishing Office, la Library of Congress e il US Postal Service.
Il Board of Geographic Names (BGN) degli Stati Uniti non fornisce nomi né decide da un elenco come chiamare un luogo specifico, risponde solo alle proposte di altri come agenzie federali, governi statali e locali (molti dei quali hanno le loro commissioni di nomi geografici) per approvare o negare le richieste di rendere specifici nomi lo standard nazionale.
In Italia, chi si occupa di accettare la toponomastica dei luoghi è la Commissione per la toponomastica ufficiale italiana dell’IGM (Istituto Geografico Militare) i quali compiti sono:
- la normalizzazione della toponomastica ufficiale italiana, tratta dalle serie cartografiche ufficiali IGM, nel rispetto delle norme nazionali e delle raccomandazioni ONU in materia di nomi geografici;
- la definizione e l’aggiornamento delle linee guida toponomastiche nazionali;
- la creazione e l’aggiornamento delle banche dati toponomastiche, in collaborazione con Regioni e Provincie autonome, Università e Sodalizi scientifici;
- il rilascio di pareri per richieste provenienti dagli Enti territoriali e amministrativi italiani.
Per decidere quali nomi assegnare vengono rispettate alcune regole:
- Nelle carte sono trascritti i nomi conosciuti dalle persone del luogo.
- Sono inseriti, anche se poco usati e conosciuti, i nomi di speciale importanza storica (strade, ruderi di antichità notevoli, ecc.).
- I nomi sono scritti in lingua italiana, mantenendo il più possibile la terminologia locale dei nomi comuni (alpe, baita, casera, brughiera, magredo, groana, ecc.).
- Di norma si fa riferimento al nome della località o del fondo e solo quando necessario al nome del proprietario di case, ville, poderi, ecc.
- La raccolta dei nomi è fatta dagli operatori in campagna interrogando sia gli abitanti sia altre persone notoriamente pratiche dei luoghi (parroci, ingegneri e geometri, agenti forestali, alpinisti, cacciatori, guardie campestri, ecc.).
- Sono consultati anche i fascicoli dell’Istituto Centrale di Statistica
- Sono inoltre consultate le mappe catastali, i documenti esistenti in archivi pubblici e parrocchiali, la precedente cartografia e il DB_TOPO dell’I.G.M.
- I nomi raccolti nell’apposito stampato sono successivamente presentati alle Autorità comunali e, previa ampia discussione, convalidati dalla firma del Sindaco o di chi ne fa le veci.
Di seguito la spiegazione di alcuni toponimi di montagne:
MONTE TERMINILLO
Noto anticamente come Monte Gurgure e Mons Tetricus, il Terminillo è uno dei simboli più noti della Sabina.
Il monte Terminillo era ben conosciuto già nell’antichità: Virgilio lo citò nell’Eneide parlando delle sue «tetricae horrentes rupes» (spaventose rupi di Tetrico); Marco Terenzio Varrone descrisse i «gurgures alti montes» (alti monti Gurguri) e l’usanza di condurvi il bestiame per il pascolo.
All’inizio del Settecento, Loreto Mattei riferisce che il nome dialettale della montagna era monte Urulu, probabile deformazione del latino Gurgures.
Nelle carte geografiche dello Stato Pontificio era indicato con il toponimo di monte Gurgure.
Solo all’inizio dell’Ottocento si iniziò ad affermare sugli atlanti il toponimo Terminillo (diffuso fin dal Cinquecento tra gli autoctoni), che deve la sua origine al fatto che la montagna segnasse il confine tra Stato Pontificio e Regno di Napoli e il termine dei rispettivi territori.
MONTE CIRCEO
L’antico nome del Promontorio, secondo la leggenda e da Varrone, potrebbe essere stato EEA (oppure Aeea, Aiaia, Aiaie). La località venne poi chiamata juga Circea da Silio (Silio lib.8), Circoeum jugum da Virgilio (Eneide VII v.399) e Circoeum Promontorium da Tolomeo (Geografia Universale lb.3 c.1).
Al di là di ogni leggenda o di qualunque altra interpretazione di fantasia la testimonianza più antica che attesta, per la prima volta, il nome del Promontorio è il Periplo dello Pseudo-Skylax, cha attorno al IV secolo prima di Cristo lo identifica con il nome di Kirkaion e lo descrive come il luogo dov’e’ venerato un monumento dedicato al Elpenore.
L’etimologia proposta da V. Berard corrisponde a “nesos Kirkes” (isola di Circe) che sarebbe l’esatta traduzione del nome semitico ai-aie (isola della sparviera) ovvero Aiaia e quindi Eea.
Il Lanzuisi sostiene che se confrontiamo la lista degli antichi Albenses tramandatasi da Plinio troviamo il nome Querquetulani, abitanti del colle Querquetal, che poi verrà chiamato Celio, (Querquetal significa ricco di querce), possiamo applicare lo stesso criterio per Circei (Cercei) che potrebbe derivare dall’aggettivo querceus che palatizzato dalla prima qu della lingua Volsca e l’allungamento della “e” equivarrebbe a “Monte, luogo ricco di querce“.
La radice e la forma del nome Circeo ha forma e radice prettamente latine (circus, quercus), o greco-latine (Kirke, Kirkos, kirkoo, kirkinos, kyklos, kikleuo), termini cha hanno in comune un sigficato affine con l’idea del movimento circolare. (in latino circus, circum, circiter…) forse per il caratteristico flusso dei venti che “circola” in senso rotatorio attorno alla vetta del monte.
La derivazione del nome associato alla “presenza” della Maga Circe, per quanto suggestivo, e’ improbabile. La leggenda sembra essere stata confusa dagli antichi navigatori greci, che recandosi verso le terre etrusche, trovarono singolare la somiglianza del nome del Circoeum Promontorium con in nome della maga Circe (Kirke) delle loro epopee.
MONTE EVEREST
La storia del nome di questo monte è dovuta al colonnello e geografo inglese, precisamente del Galles, George Everest. Fu proprio Everest a essere inviato in India a studiare l’Himalaya e calcolare l’altezza di questo monumentale massiccio, nel corso del progetto chiamato del Great Trigonometrical Survey.
La storia ci dice però che non fu George Everest a misurare la montagna che porta il suo nome. Fu un indiano di nome Radhanath Sikdar nel 1852, che con un complesso di calcoli riuscì a misurare l’altezza dell’Everest anche se con qualche calcolo sbagliato. Tuttavia i calcoli, anche se in parte errati, erano sufficienti per dire che l’Everest era senza dubbio alcuno la montagna più alta del mondo con i suoi 8848 metri.
Tuttavia il nome della montagna era impronunciabile agli occidentali e fino al 1852 venne chiamato Cima XV (in tibetano, l’Everest era chiamato Chomolungma, termine che significa “madre dell’universo”, e “Zhumulangma” in cinese, e ancora Sagaramāthā , in nepalese “Dio del cielo”).
Ecco perché venne proposto di chiamare il monte più alto della terra col nome dello scienziato che avrebbe dovuto misurarne per primo l’altezza: e tutti furono d’accordo, il monte si sarebbe chiamato Everest.
Il colonnello Everest, secondo quanto dice la storia, era onorato, ma al contempo molto imbarazzato perché negli usi locali c’era quello di chiamare le montagne con nomi tipici dei luoghi dove si trovavano, era una sorta di procedura per rispettare quei luoghi. Vale la pena sottolineare che ancora oggi in lingua tibetana l’Everest viene chiamato col nome originale, e non manca chi ogni tanto fa partire una petizione per ripristinare l’antico nome del monte più alto del mondo. Ma ormai senza successo: il nome Everest è perfettamente collegato a quella cima così desiderata ed inaccessibile e non sono in molti disposti a cambiarlo.
MONTE ACONGAUA
L’origine del nome è incerta. Il Coleti riporta l’esistenza, in Cile, del popolo Aconcagua, dal quale avrebbero preso il nome la valle da loro abitata e, di conseguenza, anche la montagna. Il popolo Aconcagua è citato anche da altri autori.
Secondo quanto riportato dal Secor l’accezione più conosciuta è “Centinela de Piedra” (Sentinella di Pietra), di origine “Quechua” ( razza indigena di Argentina). In questa lingua esistono i vocaboli “Akon” e “Kahuak”, che sarebbero quelli che darebbero il significato del nome.
Nella lingua Aymara (un altro gruppo) d’indigeni argentini) ci sono i vocaboli “Kon” e “Kawa” che significano “ha nevicato” e “montagna” rispettivamente. Perciò, secondo questa lingua, il vocabolo Aconcagua si potrebbe tradurre come “Cima nevicata”. Altri nomi sono: “altra delle cime più temute” o “viene dall’altro lato”.
Nonostante che non esistono prove di quale sarebbe l’espressione corretta, “Sentinella di pietra” è la più usata.
MONTE BIANCO
Prende il nome dal fiore Saussurea alpina, chiamato così in onore dello scienziato ginevrino Horace-Bénédict De Saussure, promotore della prima ascesa al monte Bianco nel 1786.
Eppure per chi visse da secoli ai suoi piedi non è sempre stato un luogo di bellezza, tutt’altro: anticamente era chiamato Mont Maudit, il “monte Maledetto“, ed i suoi ghiacciai incombenti sui pascoli molto più che al giorno d’oggi dovevano essere esorcizzati e trattenuti, in quanto dimora di spiriti malvagi.
Ai pastori della Val Veny e della Val Ferret non interessava mettere piede su quelle altissime rocce e ghiacciai, tra quelle torri gelide che, nei secoli di maggiore espansione, crollavano franosamente sui pascoli di La Palud e di Entreves, oppure nei pressi di Peuterey…
La tradizione vuole che i grandi ghiacciai che orlano le pareti della montagna siano dimora e prigione di spiriti maligni: secoli fa gli esorcismi del curato di Cogne erano propensi a confinarvi lassù i “manteillon”, esseri eterei e malvagi il cui mantello nascondeva il loro corpo privo di gambe, costringendoli ad intrecciare funi con la sabbia.
Ma la leggenda forse più suggestiva è quella che ci spiega come mai questo “Mont Maudit“, prigione di esseri malvagi, divenne il candido Monte Bianco.
Si narra, nelle vallate della Valdigne, di un misterioso viandante che, tra i ghiacci eterni della grande montagna alla testata della Valle d’Aosta, seppellì gli spiriti malvagi di cui pullulava l’antico Mont Maudit.
Egli fu generosamente ospitato dagli abitanti di un antico borgo che sorgeva proprio ai piedi del monte, i cui abitanti erano afflitti da continue persecuzioni da parte di demoni e spiriti maligni.
Il buon mendicante promise di intercedere presso il Cielo, perché il Signore liberasse il villaggio e tutta la vallata dai geni del male che infestavano la zona.
Ed ecco che avvenne un miracolo: la neve incominciò a cadere copiosa sulla montagna maledetta, ricoprendola in breve di una candida e spessa coltre, la quale gelando coprì e imprigionò per sempre quegli spiriti immondi.
Da quel giorno il massiccio cambiò il suo esecrato nome in quello augurale e sereno di Monte Bianco.
MONTE VINSON
Il Monte Vinson è la montagna più alta dell’Antartide, situata a circa 1.200 km dal polo sud. Lunga circa 21 km e larga circa 13, si trova all’interno della catena del Sentinel Range ed è una delle Sette Vette del Pianeta.
La montagna, come tutte le altre dell’Antartide, è circondata da uno strato di ghiaccio spesso molte centinaia di metri, per cui solo la parte sommitale sporge dalla calotta glaciale antartica, e anche la vetta è coperta in gran parte da uno spesso strato di ghiaccio.
Il monte fu individuato e localizzato solo nel 1957, quando venne scoperto da un aereo della Marina statunitense.
Venne così chiamato in onore di Carl Vinson, un membro del Congresso degli Stati Uniti che fu strenuo sostenitore delle ricerche antartiche.
KILIMANGIARO
Le sue vette, insieme a quelle dei Monti Meru, erano state denominate dal mercante greco-romano Diogene Monti della Luna. Diogene le avvistò durante la Spedizione romana alle sorgenti del Nilo, pressappoco intorno al 100 d.C.
Non è noto da dove provenga il nome Kilimangiaro, ma esistono varie teorie.
Gli esploratori europei adottarono questo nome nel 1860, affermando che questo era il nome della montagna in lingua swahili, supponendo che Kilimangiaro si potesse scomporre in Kilima (Swahili per “collina”, “piccola montagna”) e Njaro che, per alcune teorie, è un’antica parola Swahili per bianco o splendente, mentre per altri è una parola di origine non Swahili; ad esempio nel linguaggio Kichagga la parola jaro significa “carovana”.
Il problema di tutte queste teorie è che non sono in grado di spiegare perché viene utilizzato il diminutivo kilima, invece della parola più appropriata per indicare montagna, cioè mlima. Un approccio differente suppone che Kilimanjaro derivi dal Kichagga kilemanjaare o kilemajyaro che significa “che sconfigge uccello/leopardo/carovana”.
Tuttavia questa teoria non può spiegare perché il nome Kilimanjaro non era in uso in Kichagga prima delle esplorazioni europee di metà Ottocento.
Nel 1880 la montagna, chiamata Kilimandscharo in tedesco, divenne una parte dell’Africa Orientale Tedesca dopo che Karl Peters ebbe persuaso i capi locali a firmare i trattati. La diffusa storia che la regina Vittoria donò la montagna a Guglielmo II di Germania è falsa.
Nel 1889 il Picco Uhuru sul Kibo fu nominato Kaiser-Wilhelm-Spitze, nome utilizzato nell’Impero tedesco fino alla sua sconfitta nel 1918, quando i territori divennero parte del Tanganika, governato dagli inglesi, e il nome venne abbandonato.