Colori accesi, forme audaci, messaggi rivoluzionari: negli anni Sessanta, nei cinema di Cuba, le locandine dei film non erano semplici strumenti di promozione, ma vere e proprie opere d’arte capaci di raccontare un’epoca.
La vicenda della grafica cubana, nota anche come cartel cubano, si avvia negli anni ’60 con la costituzione dell’Istituto Cubano dell’Arte e dell’Industria Cinematografica (ICAIC). Qui, artisti e designer iniziano a creare poster per promuovere i film cubani e stranieri, ma anche per diffondere messaggi politici e sociali.
A Cuba non sono esportate le locandine dei film stranieri durante il periodo della guerra fredda e dell’embargo americano. I grafici cubani si vedono pertanto costretti a impostare le versioni nuove dei poster per lanciare questi film. Questo porta allo sviluppo di uno stile unico di grafica, tesa a tradurre l’essenza del film in forme e con tecniche originali. Cine de papel diventa sinonimo di creatività e abilità, e los carteles de cine, ovvero i poster cinematografici, ne costituiscono la testimonianza più valida ed efficace. Il museo di Roma in Trastevere ospita, dal 29 ottobre al 22 febbraio, 96 esempi di questi poster creativi – oltre a layout, bozzetti e locandine italiane, per un totale di circa 140 opere – che reinterpretano con originalità e ingegno i film in programmazione senza mai usare le immagini degli attori protagonisti della pellicola.
La mostra CINE DE PAPEL Poster cubani di cinema italiano dalla collezione Bardellotto, promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina, è organizzata dal Centro Studi Cartel Cubano e curata da Luigino Bardellotto e Patrizio De Mattio. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura.
Migliaia di poster dal secolo scorso vengono ininterrottamente creati nei Talleres de Serigrafia (laboratori di serigrafia) per accompagnare l’uscita di una nuova pellicola. Dall’inizio degli anni Quaranta si inaugurano a Cuba oltre quattrocento cinematografi (di cui un quarto all’Avana): i primi titoli a essere proposti, di origine europea, messicana e argentina, sono pubblicizzati con uno stile di evidente derivazione occidentale, frutto dell’influenza dei vicini Stati Uniti.
Nel 1959, con il paese in fermento, molte cose cambiano velocemente. Anche il neonato istituto cinematografico apporterà grandi cambiamenti, attraverso un cinema fatto di giovani registi, a basso costo e senza divi: cinema innovatore e di protesta. Fidel Castro parla di “strumento di opinione e formazione della coscienza individuale e collettiva che può rendere più profondo e trasparente lo spirito rivoluzionario e sostenere il suo slancio creativo”.
L’ICAIC si allontana quasi subito dagli stereotipi del cinema hollywoodiano e messicano, trovando l’ispirazione nel neorealismo italiano con i suoi giovani registi: Julio García Espinosa e Tomás Gutiérrez Alea (Titon), che avevano studiato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Ad accompagnare questa avventura è un italiano che già da tempo sta seguendo gli eventi cubani: Cesare Zavattini.
Sarà Alfredo Guevara, compagno di studi universitari di Fidel Castro e amico di Zavattini, a dirigere un istituto cinematografico dotato di autonomia creativa e gestionale, svincolato da condizionamenti politici e orientato all’insegnamento e alla sperimentazione. Parallelamente si sviluppa il fenomeno del Cartel de cine, il manifesto cinematografico in tecnica serigrafica che a Cuba fonda una corrente artistica forte al punto di definire nuovi canoni estetici e compositivi, svincolati dai dettami imposti della grande industria cinematografica.
Così si esprime Eduardo Muñoz Bachs, il più prolifico dei disegnatori dell’ICAIC, che iniziò appena ventiduenne: «non sapevamo cosa fare, ma sapevamo che dovevamo farlo». Accanto a Muñoz Bachs agiscono Rafael Morante, Antonio Reboiro, René Azcuy, Ñiko (Antonio Pérez González), un gruppo coeso e non consapevole che sta producendo opere di avanguardia, riconosciute poi in tutto il mondo.
Negli anni 70 e ’80 la grafica cubana consegue riconoscimenti sempre più significativi a largo raggio per la sua capacità di trasmettere messaggi complessi in modo semplice ed efficace, e oggi il Cartel de cine è inserito nel Registro Nazionale del Programma Memoria del Mondo dell’UNESCO per l’alto valore che quella stagione ha rappresentato nella cultura mondiale del Novecento.
In mostra i manifesti cubani che annunciavano l’uscita dei tanto apprezzati film italiani nelle sale dell’isola: da Giulietta degli spiriti a C’eravamo tanto amati, da Il medico della mutua a Sbatti il mostro in prima pagina, da Deserto rosso a Rogopag.
L’esposizione sarà affiancata da un catalogo a cura di Alessandra Anselmi e Rienzo Pellegrini, per le edizioni del Centro Studi Cartel Cubano, San Donà di Piave (Venezia).
CSCC Centro Studi Cartel Cubano – Collezione Bardellotto
Il Centro Studi Cartel Cubano (CSCC) raccoglie, conserva e promuove la conoscenza della grafica cubana e dispone di una collezione di manifesti unica nel suo genere. Frutto di un lavoro di ricerca che dura da oltre venticinque anni, la collezione di Luigino Bardellotto riunisce più di quattromila poster cinematografici e di propaganda politico-sociale realizzati a Cuba a partire dal 1959. Il Centro Studi dispone anche di una collezione di libri, riviste e altri documenti sulla grafica cubana. È attivo a livello nazionale e internazionale e collabora con diverse realtà istituzionali soprattutto in Italia (il Museo del Cinema di Torino, l’Associazione di Amicizia Italia-Cuba) e Cuba (ICAIC, OSPAAAL, Casa de Las Americas) con l’obiettivo già indicato di far conoscere la grafica cubana attraverso eventi, scambi, iniziative editoriali e altri progetti. Sostiene, infine, la nuova generazione di grafici cubani.













