S I L E N T I U M
oltre “Il Vangelo secondo Matteo”
Il Cristo de “Il Vangelo secondo Matteo” di Pasolini a dialogo con il Cristo di Danilo Mauro Malatesta
a cura di Marina Sonzini e Sara Bargiacchi
Un’idea ambiziosa e apparentemente folle, quella di far dialogare in una mostra il Cristo di Pasolini con quello di alcune opere a noi contemporanee. In realtà l’amore e il rispetto profondo per il grande maestro del Cinema hanno guidato ogni decisione, ogni dettaglio, ogni parola, perché a un uomo e a un intellettuale come Pasolini dobbiamo così tanto che possiamo solo riconoscere che, senza di lui, la seconda parte del Novecento italiano mancherebbe di un racconto e di un’analisi mai più raggiunte.
Perché “Il Vangelo secondo Matteo” per questa mostra?
Le ambrotipie di Danilo Mauro Malatesta (la Sindone di Vetro, le Schegge Mistiche e De Secunda Pietate), realizzate tra il 2017 e il 2019 e già esposte nella Chiesa Rettoria di Sant’Andrea al Celio grazie alla disponibilità di Monsignor Marco Cocuzza, raccontano il percorso di un artista del nostro tempo che si confronta con il sacro e con l’immagine di Cristo. Percorso in qualche modo simile a quello che 60 anni fa fece Pier Paolo Pasolini attraverso il cinema con Teorema, La Ricotta e soprattutto con Il Vangelo secondo Matteo.
L’anniversario dei 100 anni dalla nascita di Pasolini cade in un periodo storico in cui l’idealismo e la lotta per la libertà, che animavano il giovane Enrique Irazoqui quando Pier Paolo lo conobbe e lo scelse per interpretare il suo Gesù, sembrano scomparsi dall’Europa postindustriale e globalizzata di oggi, e questa nostra società, come predetto da Pasolini, sembra aver perduto il senso della pietà e della compassione, la purezza e la capacità di riconoscere il sacro e forse chissà, l’umiltà di lasciarsi salvare da esso.
Come dichiarò Pasolini stesso, Il Vangelo Secondo Matteo non racconta la storia di Gesù Cristo, ma il mito di Cristo, narrato da un marxista, da un intellettuale laico si, ma con un senso della ricerca del sacro che pochi come lui hanno osato raccontare senza inibizioni. In quanto narrazione di un mito, il film di Pasolini ha un valore profondamente simbolico e al tempo stesso sociale, va alla radice del significato sacrale che la nostra cultura attribuisce ai personaggi e alle esperienze trascendentali narrate, e allo stesso tempo scava alla radice della nostra civiltà.
Seguendo scrupolosamente le parole del testo evangelico (che Pasolini considerava poetico e letterario, non religioso), il regista costruì delle immagini che sono tra le più potenti del cinema di ogni tempo: dall’Annunciazione, alla morte sulla croce, alla resurrezione. Al tempo stesso però raccontò il lato semplice e umano di un Cristo giovane uomo con le sue emozioni, dalla mitezza alla rabbia, e il lato umano di sua Madre, fanciulla innocente nella maternità e poi maschera di dolore di fronte alla morte (nelle scene girate ai piedi della croce che Pasolini come sappiamo affidò a sua madre Susanna). Questa umanità del Cristo di Pasolini ci scuote profondamente, perché è al tempo stesso vera e primordiale.
È con lo stesso intento e coraggio che Danilo Mauro Malatesta iniziò a realizzare i suoi scatti a soggetto sacro con la tecnica antica del collodio umido su vetro. Due opere di dimensioni imponenti (le figure sono in scala 1:1): prima la Sindone di Vetro (esposta con le Schegge Mistiche a Torino nel 2018 nella chiesa del Santissimo Sudario), poi De Secunda Pietate, in cui un Cristo martoriato dai segni della flagellazione e della croce prende in braccio la Madre (l’umanità tutta) in un gesto di tenerezza e compassione.
Un Cristo “portatore di umanità”, una pietà rovesciata nella quale è il Cristo risorto ad essere vivo, mentre l’umanità mostra la sua fragilità, la sua natura mortale. Un Cristo che rinasce nella pietà, nella misericordia, nel perdono.
Il pensiero corre ovviamente all’iconografica immagine del murale di Ernest Pignon-Ernest (realizzato nel 2015, a 40 anni dalla morte di Pier Paolo) in cui Pasolini porta in braccio il cadavere di se stesso assassinato. Quella era però un’immagine prettamente umana, di denuncia: un Pasolini che guardava dritto negli occhi i suoi carnefici, un “guardate cosa avete fatto”. Un Pasolini vivo nel suo corpus di opere e nel suo messaggio, ma morto (brutalmente ucciso e straziato senza pietà) nel suo corpo umano.
Quello compiuto da Malatesta è invece un rovesciamento della pietà che mette al centro non la morte, ma la compassione. Cristo, con gli scandalosi segni della passione, è risorto e si volge con sguardo tenero e amorevole alla madre che tiene tra le braccia. La compassione di un Cristo fattosi uomo e morto uomo, che porta all’umanità il rivoluzionario messaggio di salvezza del perdono.
Un Cristo umano, sia quello di Pasolini che quello di Malatesta: dissacrante nell’iconografia, ma al tempo stesso altamente spirituale. Il Cristo del Vangelo, sì, ma indagato dall’arte, al di fuori dei dogmi della religione.
E proprio per mostrare ed allargare l’indagine artistica, questa mostra mette di fronte alle ambrotipie di Danilo Malatesta (La Sindone di Vetro, le Schegge Mistiche e De Secunda Pietate) le locandine originali del 1964 de Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, le foto realizzate sul set del film dal fotografo di scena Angelo Novi e gli scatti del set di Matera realizzati da Domenico Notarangelo (giunte in mostra grazie alla preziosa collaborazione del figlio Toni che ne custodisce l’archivio, dichiarato nel 2011 Bene storico di interesse nazionale; tra questi, il celeberrimo scatto di Pier Paolo ed Enrique appoggiati al muretto di fronte ai Sassi di Matera). Il banco ottico Tailboard del 1890 di Malatesta sarà di fronte a una cinepresa Arriflex originale e funzionante uguale a quella con cui Pasolini girò il film e questo dialogo sarà impreziosito da quattro importanti opere dell’artista David Parenti: Pasolini e Irazoqui sul set del Vangelo, due ritratti di Pasolini con l’Arriflex e la celeberrima “Con TE, contro TE – II”, l’opera più iconica di questo maestro del disegno iperrealistico a matita (scelta quest’anno per la copertina del libro “Tutto Pasolini” di Piero Spila e aa.vv., ed. Gremese, appena pubblicato). Ci sarà inoltre una serie di preziosi disegni su carta realizzati dall’artista livornese Francesco Tonarini e provenienti dalla stessa collezione privata.
All’interno della mostra verrà presentata anche l’opera di Danilo Malatesta “Triclinium Pauperum”, una fotografia in scala 1:1 di oltre tre metri, realizzata nell’adiacente oratorio di Santa Barbara nel 2021. L’opera ritrae 24 braccia e mani appoggiate sul tavolo di marmo del III sec. d.C., il Triclinium Pauperum appunto, su cui Papa Gregorio Magno e sua madre Santa Silvia offrivano da mangiare ai poveri. Dodici persone qualunque e senza volto, richiamo ovviamente ai 12 apostoli a cui Cristo offrì il suo sacrificio nell’Ultima Cena, ma anche 12 persone in rappresentanza dell’umanità tutta. La tradizione vuole che in quella mensa sia nata la Caritas cristiana e che per questo un giorno a quel desco apparve un tredicesimo commensale: un angelo.
“Silentium” è il titolo del libro curato da Andrea Manganelli con la raccolta delle opere fotografiche a soggetto sacro di Danilo Mauro Malatesta, stampato nel 2021 e presentato in anteprima al MIA di Milano, che sarà disponibile presso la mostra.
“Oltre Il Vangelo Secondo Matteo” è l’omaggio di questo talentuoso fotografo italiano al grande maestro del cinema e all’intellettuale Pier Paolo Pasolini, il cui messaggio è andato infinitamente oltre il suo film, ed è giunto a noi potente, attuale, necessario.
5/6 marzo 2022 orario 10.00 -18.00
12/13 marzo 2022 orario 10.00 -18.00
19/20 marzo 2022 orario 10.00 -18.00 #Pasolini100
26/27 marzo 2022 orario 10.00 -18.00