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Le ville del viterbese hanno quasi tutte una storia che le ricollega a famiglie patrizie o a conventi dei vari ordini religiosi in un contesto di un`attività agricola di tipo poderale mezzadrile. La storia di Villa Rossi Danielli non è da meno. Infatti le prime notizie certe ci riportano alla seconda metà del cinquecento quando era proprietario della villa e del podere circostante Giacomo Sacchi esponente di una ricca e nobile famiglia che si era insediata a Viterbo nel 1297 con Giovan Giacomo Sacchi il quale era stato investito dell`ufficio di Tesoriere della provincia del patrimonio. Prima del cinquecento abbiamo solo poche e vaghe notizie riguardanti la conduzione del podere che a quel tempo risultava coltivato a vigna.
Il 3 luglio 1587, Giacomo Sacchi dettava il proprio testamento con il quale disponeva che alla sua seconda moglie, Lucia de Bussi, andasse la quarta parte delle rendite della proprietà posta in località Merlano. Infatti questo era il toponimo con il quale si identificava e si continua ad identificare ancora oggi il territorio ad ovest della strada provinciale Viterbo-S. Martino al Cimino. Ordinava invece ai suoi eredi di mantenere il possesso del bene e qualora dovesse subentrare la necessità di privarsene avrebbero dovuto privilegiare nella vendita i padri domenicani del convento di S. Maria in Gradi e in second`ordine l`ospedale cittadino.
Nel 1586 Orazio Sacchi, figlio di Giacomo, sposava nella cappella della tenuta la nobildonna Giulia Tignosini. Nel 1650, alla morte di Orazio, i figli Domenico e Tarconte cedono la proprietà della villa e del podere circostante ai padri domenicani di S. Maria in Gradi i quali usano la villa come residenza estiva per gli ospiti illustri del convento. Infatti l`epigrafe riportata sul portone principale ricorda il soggiorno che nel 1797 l`assai reverendo padre maestro Fr. Joachim de Teran, assistente per le provincie di lingua spagnola del maestro generale dell`ordine domenicano Fr. Balthasar de Quinones, fece nella villa. Questi fu il primo dei personaggi illustri che soggiornarono nella villa e molto probabilmente, con il consenso dell`intera comunità religiosa, si occupò anche del restauro della villa. La fine del 18° secolo segna per lo Stato Pontificio un periodo molto incerto. Napoleone stava concludendo la prima campagna d`Italia e i soldati francesi entrano in Romagna portatori di idee nuove nei territori del Papa. Viene occupata Ancona e il trattato di Tolentino sancisce la perdita delle Legazioni di Bologna, Ferrara e Romagna, come erano denominate le provincie dell`antico Stato Pontificio.
In un`atmosfera di grandi innovazioni sociali il vento rivoluzionario soffia sulle terre papali e nel febbraio del 1798 le truppe del generale Berthier occupano Roma e raggiungono Viterbo.
Inizia così la spoliazione del patrimonio artistico italiano che migrerà verso Parigi a cui non si sottraggono i due più importanti possedimenti domenicani a Viterbo: il convento di S. Maria in Gradi e il convento della Basilica di S. Maria della Quercia. Luigi Rossi Danielli, esponente di una antica e nobile famiglia viterbese, come riportato da Padre Semeria, Vol. VII pp.128-129-137-138 e Vol. VIII pp.282-331-332, domenicano del convento di S. Maria della Quercia, acquista il 19 giugno 1812 dal governo francese il complesso monumentale del convento per evitare il saccheggio delle opere d`arte della Basilica. Purtroppo non riesce a salvare il tesoro della Basilica ma salva la spezieria, i dipinti e le opere d`arte presenti nel convento. Passata l`orda francese restituisce il convento ai domenicani ed è in quel periodo, inizio del XIX secolo, che la villa diventa proprietà dei Rossi Danielli. Infatti oltre al convento il Rossi Danielli acquista dai padri predicatori anche il podere di 16 ha con villa padronale e annesso fabbricato rurale.
Ai nostri giorni la villa ha ospitato negli anni 1960-1970- S.M. Gustavo Adolfo VI di Svezia, archeologo famoso, il quale veniva a Viterbo per condurre in prima persona la campagne di scavi che l`Istituto Svedese di Studi Classici a Roma organizzava in località Acquarossa e Ferento sempre di proprietà Rossi Danielli e dove un altro Rossi Danielli, Luigi anch`egli archeologo all`inizio del novecento aveva riportato alla luce i resti del teatro romano di Ferento.