Un’opera transrealista-visionaria di Francesco Guadagnuolo ambientata nella provincia di Roma, mette in corrispondenza Monterano con il mistero del Convento di San Bonaventura, la bellissima facciata della Chiesa con la fontana ottagonale opere del Bernini.
La Tuscia è un territorio arcaico, pieno di storia, memorie e narrazioni tradizionali, ricche di attrattive e misteri che avvolgono gli ambienti e le strutture della provincia di Roma. Nell’antica Roma, molti dei personaggi storici che l’hanno abitata, sembra che compaiano come esseri immateriali o spettri, così anche nella terra di Tuscia si proferisce che ci siano ancora fantasmi e apparenze.
L’opera pittorica del Maestro Guadagnuolo “Apparizioni nel Convento di San Bonaventura a Monterano” rivela la presenza metafisica, in un profondo silenzio che avvolge lo spazio del Monastero. Sono tre gli elementi racchiusi nel dipinto di Guadagnuolo, in uno spazio-tempo transreale, che ferma la città fantasma della Tuscia.
Il primo elemento è preso dalla storia che immortala un tempo del Convento di San Bonaventura costruito tra il 1677 ed il 1679 a Monterano, oggi ridotto ad un rudere.
Il secondo elemento nell’opera di Guadagnuolo è la luce, egli ha scelto l’imbrunire per dare un’atmosfera particolarmente appassionante e inquietante.
Il terzo elemento è preso dalla cronaca, riguarda la piaga che stiamo vivendo: il femminicidio di una donna che ogni tanto compare attraverso il suo vestito bianco, la sua scarpetta rossa con le sue docili mani.
Guadagnuolo, con quest’opera, esprime la profondità poetica, trovando un’eco di bellezza dentro le visioni delle rovine incantevoli, dove l’artista ama dare sfogo ai suoi sogni. Una realtà sensibile ed una realtà immaginativa s’incontrano, dando origine ad un’inquieta notte nel mondo onirico. Potremmo dire un teatro fantastico dove popolano demoni e fantasmi attorno alla presenza–assenza di una donna da cui si possono generare leggende metropolitane di ogni tipo.
Abbiamo chiesto all’artista come le è venuta in mente la progettazione dell’opera: «Avendo visitato questo straordinario luogo, molto speciale, irrazionale, misterioso, si è formata nella mia mente un’immagine metafisica sconvolgente per chi la osserva che si deduce in tutta l’opera. Ma tale aspetto non era possibile renderlo come lo vediamo, avevo la necessità di qualche cosa di particolare, un soggetto che andasse oltre la realtà come la figura di un fantasma, che con il suo alone tracciato a forma di nuvola minacciosa, abbraccia tutto il Monastero. Estendendo quello stato d’animo di segretezza della donna ormai ospite nell’oscurità del Monastero».
La città di Roma come tutte le città della provincia sono tutt’altro che semplice scenografia, sono città esemplari, lucenti, eterne. La luce, è insolita, lo è in ogni ora e lo sarà in ogni tempo, per questa ragione basterebbe compiere qualche passaggio, salire o scendere una scalinata, estendersi accanto ad una colonna, di un pilastro o di un rudere per riuscire a coglierla.
Monterano è una località proprio inconsueta, perché al di là dell’apparire come un paese solitario, comunica malinconia, aspetti tenebrosi e seduzione tipici dei paesi abbandonati.
I resti del vecchio paese sono così suggestivi da mostrarsi nei set cinematografici, basti ricordare la scena del ‘Marchese del Grillo’ che incontra il suo amico Don Bastiano all’interno della Chiesa.
Ha ancora senso raccontarne l’eternità? Comunque vada, per Guadagnuolo la risposta è sì, sarà sempre una bella favola nel visitare Roma e la sua provincia.
Avvaliamoci dell’estate per fare visita a questo immenso Museo all’aperto.