Il Lago di Bracciano, originariamente chiamato anche Lago Sabatino (latino: Lacus Sabatinus), è un lago di origine vulcanica situato nel nord della provincia di Roma. La sua superficie di 57,5 km² ne fa l’ottavo lago italiano per estensione (il terzo del Centro Italia dopo il lago Trasimeno e quello di Bolsena). La sua profondità massima di 164 metri, a sua volta, lo rende il sesto lago italiano per profondità (il secondo del centro Italia dopo il lago Albano).
Il lago non presenta isole ed ha un piccolo emissario, il fiume Arrone, che origina sulla costa sudorientale e si getta nel mar Tirreno in località Maccarese. A due chilometri ad est del lago si trova il più piccolo lago di Martignano, anch’esso di origine vulcanica.
Sulle sponde del lago sorgono le tre città di Bracciano, sul lato occidentale, Anguillara Sabazia, su quello sudorientale, e Trevignano Romano, su quello settentrionale. Un tratto della sponda orientale del lago è infine amministrativamente parte del comune di Roma.
Il lago di Bracciano, assieme al lago di Martignano, è una popolare località turistica e balneare. Nel 1999 l’area è stata dichiarata Parco Regionale, con il nome di Parco regionale di Bracciano – MartignanoAspetti naturalistici.
Nonostante una certa aggressione urbanistica la zona conserva ancora tratti di vegetazione riparia e di aree più estese di foresta. Ciò favorisce la presenza di numerose specie dell’avifauna acquatica e non.
Le acque del lago sono particolarmente ricche di pesci, grazie anche al fatto che una legge regionale impedisce la navigazione a motore, con esclusione del battello che effettua servizio stagionale fra i tre centri del bacino.
Sul fondo del lago numerosi rinvenimenti attestano insediamenti protostorici, come quello vicino Vicarello (Bronzo Medio), quello di Sposetta (Bronzo Medio e Bronzo Recente), o quello di Vigna Grande che raggiunge l’età del ferro.
Sulla sponda meridionale del lago, in località La Marmotta (poche centinaia di metri a ovest di Anguillara), complessi scavi subacquei guidati da Maria Antonietta Fugazzola hanno rinvenuto a 7,5 metri di profondità un importante villaggio sommerso del neolitico, abitato per circa cinquecento anni dal 5700 al 5200 a.C., con grandi case rettangolari (ne sono state scoperte sette) disposte ordinatamente.
Il villaggio, presumibilmente esteso su un’area di 25.000 m², fu abbandonato improvvisamente forse per un’inondazione.
I resti che permettono di risalire all’economia e alla dieta del gruppo (semi di grano e orzo, ossa di capra, pecora, cane) in molti casi infatti si trovano ancora negli strati di abbandono e nei vasi. Un caso di ossa e cereali ritrovati nello stesso vaso fa pensare ad un alimento in fase di cottura nel momento in cui si scatenò l’evento finale. Non mancava la frutta: mele, prugne, lamponi, fragole e ghiande. Ancora incerta l’ipotesi che già si producesse vino.
La presenza di lino fa inoltre pensare alla coltivazione a fini tessili, mentre non è ancora spiegato il rinvenimento di papavero sonnifero, da cui si ricava l’oppio. Lo strumentario rinvenuto comprende asce di pietra, falcetti di legno con lama di selce, lame di ossidiana, ceramiche decorate ad impressioni cardiali (con l’orlo della conchiglia Cardium o cuore), oppure dipinte con motivi rossi, neri o bianchi.
Tra i reperti più importanti finora rinvenuti: barchette di ceramica; una statuetta di pietra raffigurante una donna, forse la “dea madre”; e soprattutto piroghe scavate svuotando tronchi di quercia. In particolare, una piroga monossile di 9,50 metri, originariamente spezzata in due parti e rinvenuta il 31 luglio 2005 a dodici metri di profondità, è oggi conservata in una teca, contenente sostanze adatte al consolidamento, presso il Centro Espositivo del Neolitico di Anguillara Sabazia.