L’uomo di questa nostra civiltà da per scontato di poter conoscere, utilizzando la propria ragione, la spiegazione per alcuni fenomeni, scoperte o accadimenti che riguardano il passato.
Spesso, invece, ci dibattiamo nell’ignoranza e nell’impossibilità di scoprire la verità… cataloghiamo questo limite sotto l’etichetta del mistero e ci assicuriamo la più eccitante delle avventure: immaginare una teoria, dilatare la mente sulle ipotesi possibili.
Ve ne offriamo l’opportunità.
Parleremo di una controversia sorta a causa di una scoperta fatta nel deserto di Nazca, un arido altopiano vicino alla città omonima, nel Perù meridionale.
Gli Indiani e le linee Nazca
Questa regione era la terra degli indiani Nazca, la cui cultura venne assorbita dall’impero degli Inca nel XV secolo per essere completamente annullata dai conquistatori spagnoli.
Unico testimone di un tempo, i ruderi di un tempio contenente sei piramidi, situato sul fiume Nazca.
Nel 1926 Julio Tello, un pioniere dell’archeologia peruviana giunse in quei luoghi in una spedizione di ricerca per scoprire una sconcertante impresa eseguita da quell’antico popolo.
Tutto avvenne quando 2 scienziati della spedizione, il peruviano Meyia Xesspe e l’americano Alfred Kroeber si arrampicarono su di una collina e da quel punto d’osservazione notarono, nella luce pomeridiana, delle lunghe linee appena percettibili, che attraversavano il deserto e che non erano visibili dalla pianura.
Approfondendo le ricerche scoprirono che le linee erano state tracciate rimuovendo delle pietre dalla superficie del terreno lasciando esposta la ghiaia sottostante di un colore giallo pallido; in quel deserto, non piovendo mai, le linee sarebbero potute restare quasi in eterno (secondo alcuni scienziati risalgono a circa 1500 anni fa).
Una volta esposte alla luce, queste si erano andate lentamente scurendo fino a prendere il colore bruno-rossastro del deserto.
Questo spiegava perché le linee fossero visibili solo dall’alto.
La teoria che le linee Nazca fossero antiche strade fu respinta quando attraversando il deserto alla fine degli anni 20 e successivamente negli anni 30, un aereo scoprì un vasto mosaico di segni complessi.
Dall’aereo erano visibili enormi rettangoli, linee, figure geometriche e disegni di animali come una scimmia, un ragno, un colibrì, una balena, e poi dei disegni di fiori, mani, spirali, il tutto di dimensioni che variavano da pochi metri a circa 200 metri.
Anche quando il loro tracciato si prolungava per chilometri e chilometri esso seguiva sempre una linea retta, con deviazioni al massimo di pochi metri, comunque fosse il terreno, collinoso o accidentato.
Perchè mai gli indiani Nazca avevano segnato in questo modo il deserto?
Da escludere una motivazione artistica dal momento che per quanto ne sappiamo non potevano vedere dall’alto.
Questo lavoro, di per se ingegnoso, non era comunque impossibile da attuare con mezzi primitivi, per rimuovere le pietre dal solco disegnato sarebbe bastato il lavoro manuale degli indiani.
La perfezione lineare era ottenibile con un semplicissimo metodo: alcuni pali piantati equidistanti collegati da corde avrebbero simulato il tracciato.
Ciò che meravigliava gli studiosi non era quindi la tecnica utilizzata, bensì lo scopo dell’opera.
La muraglia cinese, opera mastodontica, aveva un senso: proteggere un impero… ma queste enormi immagini leggibili solo dall’alto che scopo avevano?
Teorie delle Linee Nazca
Ovviamente furono in molti, tra studiosi e archeologi a ipotizzare nuove teorie in merito, nel 1941 l’archeologo americano Paul Kosok tracciando una mappa delle linee e disegni Nazca arrivò a concludere le sue ricerche affermando che essi servivano per osservazioni astronomiche.
Questa teoria venne avallata da una matematica tedesca, Marie Reiche che spiegò come gli animali e le figure geometriche puntate, a parer suo, verso le maggiori stelle rappresentassero costellazioni di un enorme calendario, utilizzato dai Nazca per calcolare il tempo.
La studiosa riuscì a trovare molti possibili allineamenti dei segni in direzione di stelle maggiori o del sole, ma non ebbe oltre ciò prove certe che confermassero la sua teoria.
Fu solo nel 1968 che un astronomo dell’osservatorio astrofisico di Washington, Gerald Hawkins, scoprì allineamenti simili a Stonehenge, il famoso monumento megalitico preistorico situato a nord di Salisbury in Inghilterra.
Inserendo i dati rilevati nel deserto Nazca in un computer ricercò allineamenti possibili verso il sole o stelle importanti negli ultimi 7000 anni.
Alcuni risultati furono veramente interessanti, il dato più significativo, ad esempio, fu l’allineamento di una figura detta il Grande Rettangolo con le Pleiadi, nell’anno 610.
Questa data coincide con la datazione ottenuta al carbonio-14 di un palo di legno ritrovato nel luogo. Purtroppo gli allineamenti dimostrati tramite computer rientravano numericamente in una casistica casuale.
La teoria di Tony Morrison
Un’altra teoria, altrettanto attendibile fu proposta non da uno studioso bensì da un produttore cinematografico.
Nel 1977 Tony Morrison, avendo conosciuto il lavoro intrapreso da Marie Reiche e Gerald Hawkinh, affascinato dall’enigma dei tracciati Nazca, decise di risolverlo approfondendo lo studio dei costumi e della religione Nazca.
Egli riprese l’ipotesi, suggerita dallo studioso Hejìa Xesspe (scopritore delle linee) che le riteneva dei ceques ossia dei sentieri tracciati per fini religiosi.
Morrison trovò in una cronaca spagnola risalente al 1653 un indizio interessante alla sua tesi: vi si riferiva che nella capitale Inca di Cuzco gli indiani avevano edificato santuari lungo linee che si irradiavano dal tempio del sole.
Nel deserto Nazca le linee congiungevano tra di loro cumuli dì pietra che potevano essere i resti di santuari, questi due dati potevano combaciare, bisognava però confermare questa ulteriore tesi.
I sentieri di Cuzco non condussero a nessuna prova certa, le tracce rimaste erano irrilevanti.
Fu solo in Bolivia nel 1977, nella regione della tribù degli Aymarà che il produttore Morrison trovò un insieme perfetto di linee dalla stessa precisione delle linee Nazca.
Queste linee, inoltre, univano diversi sacelli (piccole costruzioni per funzioni sacre) costruite in pietra.
A loro volta le linee che univano i sacelli convergevano verso una chiesa.
Pare che gli Aymarà sostassero devotamente presso le piccole costruzioni dedicate agli spiriti o agli Dei locali, offrendo sacrifici e foglie di coca, poi si dirigevano verso la chiesa senza mai sconfinare dai sentieri presegnati; questo per evitare di cadere nel regno degli spiriti maligni.
La convinzione che un sacello costruito molto in alto venisse abitato da spiriti più potenti, spiega perchè molti tracciati siano siti sulle sommità delle colline come nel caso delle linee Nazca.
Questa, comunque, è una risposta parziale al mistero dei tracciati Nazca; da certamente un senso al loro utilizzo (religioso) ma non giustifica l’esigenza di creare forme visibili solo dall’alto.
L’ipotesi ufologica
E se accettassimo l’ipotesi proposta dagli ufologi secondo i quali i tracciati erano “dedicati” ai nostri fratelli del cosmo per identificare velocemente campi di atterraggio?
Le civiltà più antiche hanno in comune, nonostante le rilevanti distanze geografiche, il culto di Dei che arrivano dal cielo: piramidi direzionate secondo criteri simili ai tracciati Nazca e spesso conoscenze astronomiche impensabili per i mezzi a loro disposizione.
Peccato che le ipotesi più interessanti rimangano solamente ipotesi.
I popoli che avrebbero potuto raccontare la verità in merito sono ormai estinti.
Ci piace pensare, non senza un brivido di timore per ciò che è sconosciuto, che qualcuno lassù, depositarlo di quelle risposte che noi affannosamente cerchiamo, osservi con attenzione il brulicare di vita sul nostro pianeta.
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