L’Abbazia di San Giovanni in Argentella sorge a circa 2 km fuori dall’abitato di Palombara Sabina, completamente immersa nel verde e circondata dagli alberi, tanto che dalla strada se ne scorge a malapena il campanile che svetta verso il cielo.
La denominazione “Argentella” deriva probabilmente dall’abbondanza di sorgenti d’acqua che caratterizzava il luogo, con numerosi rivoli che dalla colline circostanti scendevano a valle brillando come argento alla luce del sole.
Inoltre, nella cripta della chiesa si cela ancora oggi una sorgente d’acqua che nel passato veniva ritenuta miracolosa.
Probabilmente, la ricca presenza d’acqua ha conferito al luogo la particolare sacralità tellurica necessaria e fondamentale per la costruzione di un edificio religioso.
La primitiva costruzione risale al secolo VIII, probabilmente ad opera di monaci basiliani di rito orientale, provenienti dalla Grecia.
Nell’XI secolo l’abbazia era retta dai frati Benedettini, a cui, nel 1286, subentrarono i Guglielmiti, introdotti da papa Onorio IV, e quindi i Silvestrini.
L’interno dell’abbazia è a tre navate, provviste di absidi di forma semicircolare; l’interno è spoglio di decorazioni, ad eccezione di alcuni graffiti bizantini, di un antichissimo affresco raffigurante San Bernardo di Chiaravalle e di una iconostasi in marmo dedicata alla Madonna con zoccolo decorato a mosaico cosmatesco.
Il campanile, in stile romanico, è strutturato in tre ordini e presenta aperture bifore e trifore. Dal 1895 l’Abbazia è stata dichiarata monumento nazionale ed attualmente è retta da una piccola comunità ecumenica laica.
Una delle curiosità che colpiscono il visitatore attento è la strana croce scolpita sulla lunetta del portale d’ingresso. Si tratta di una croce greca ai quattro lati della quale spiccano quattro cerchi, o quattro punti. Questo glifo è stato ritrovato come decorazione di alcuni vasi greci risalenti al 700 a.C. Nella simbologia occidentale i punti sono spesso associati all’acqua ed in alcuni tipi di cartografia moderna questo stesso simbolo indica una sorgente.
I richiami all’acqua ed alle sorgenti, sia nel simbolismo antico che in quello moderno, coincidono curiosamente con la storia dell’abbazia, legata alle sorgenti e soprattutto alla fonte che sgorga nel sotterraneo della cripta, in passato ritenuta miracolosa. Questo simbolo, tuttavia, assume la sua connotazione più netta nell’ambito dell’Alchimia.
Abbiamo chiesto ad un esperto della materia, che ci ha fornito una spiegazione dettagliata chiedendoci in cambio di conservare l’anonimato. Rispettando la sua volontà, pubblichiamo di seguito la spiegazione del simbolo in riferimento all’Argentella.
Ora veniamo al simbolo che mi sottopone. Si tratta dell’Aceto Filosofico, e in particolar modo della operazione ad esso legata per la confezione dell’Alkhaest. Quindi nulla a che fare con l’Aceto ordinario.
Presso la comunità di Monaci dell’Argentella, un gruppo di loro (alcuni Basiliani prima e poi i Benedettini) si occupavano di Alchimia e la praticavano assiduamente. Il fatto che sia stata edificata in riferimento alle acque sotterranee deriva dal fatto che l’Acetum acerrimum da cui è ottenuto l’Alkhaest è anche definito Fons Vitae.
È facile da capire: le sfere indicano i quattro Elementi mentre la croce il Fuoco. Essi sono imbrigliati in modo equilibrato dalla croce i cui settori indicano la potenzialità della loro manifestazione. Questa potenza latente verrà esaltata in un prodotto nuovo, capace di restituire alla materia il suo essere primordiale. Quale altra materia può racchiudere tale virtù se non l’Acetum Philosophorum degli Antichi? Spesso anche in araldica sono presenti questi dati, ma molto meno chiari.
Indirizzo: Strada San Giovanni in Argentella (diramazione via Palombarese – km. 34.200) – Palombara Sabina (Rm)